lunedì 27 maggio 2013

Ferrata Susatti a Cima Capi, 900 metri sopra il livello del Lago

Difficoltà tecniche: Facile
Dislivello: 200
Durata: 2h
Stato segnaletica e attrezzature: Ottimo


Descrizione
Se dovessi consigliare una ferrata facile, ma allo stesso tempo panoramica e di soddisfazione, metterei una buona parola sulla Fausto Susatti. Si tratta di un percorso breve, comunque facile da inserire in percorsi ad anello di più ampio respiro; l'elegante Cima Capi (909), di cui si raggiunge la sommità, si getta con un precipizio straordinario sulla punta del Lago di Garda.

Riva del Garda dall'alto
La quota bassa e la presenza vicina del grande lago garantiscono condizioni gradevoli anche in primavera; bisogna ugualmente stare attenti ai temporali, siccome il tracciato è abbastanza aereo, anche se l'esposizione è sempre contenuta, con gli abissi più ecclatanti a debita distanza. Sconsiglio di percorrere in estate la ferrata, posta quasi tutta al sole battente.

Noi abbiamo trovato tantissimo traffico, dato che maggio qui è uno dei periodi di punta, e in alto c'era ancora molta neve; d'altronde la giornata era davvero di quelle da non perdere, e la gente si è naturalmente affollata su questi sentieri facili da raggiungere e da percorrere. Ben due i gruppi del Cai (compreso il nostro), più i soliti tedeschi a cui sono care queste zone.

Serpentone di gente verso la cima
A livello tecnico, la ferrata Susatti non presenta problemi: il cavo è nuovissimo, così come i gradini non sempre indispensabili; la roccia è compatta, ricca di prese, quasi "lisciata dall'uso". Un poco più impegnativo, a mio giudizio, il tratto della ferrata Foletti fino al bivacco Arcione, che abbiamo percorso per completare l'anello: si compie un lungo traverso con alcuni passaggi esposti e verticali, comunque molto brevi. Purtroppo non siamo riusciti a rientrare con il sentiero attrezzato delle gallerie, che scende dalla chiesetta di S. Giovanni fino a Biacesa.

Traverso ferrata Foletti
Davvero sorprendente il mix di panorami che abbiamo potuto godere in questo strano finale di primavera: i gabbiani, seguendo vortici d'aria, salivano dal lago pieno di barchette, con dietro il monte Baldo ancora imbiancato; mentre da Cima Capi la vista si è aperta sulle Dolomiti del Brenta, dove l'inverno sembra non finire mai.

Bivacco Arcione (858)

Il Bivacco Arcione si trova sopra Biascesa di Ledro, in una posizione strategica per chi vuole percorrere le vie ferrate Foletti e Susatti. Funziona come rifugio nelle giornate di maggiore affluenza: simpatici montanari vi aspettano con salume, vino rustico e una Moka gigante. Dai tavoli fuori, al sole, si gode una vista spettacolare sul Lago di Garda.

Cima Capi (909)

Certe svettanti creazioni di roccia, chiamarle "monte" suonerebbe male: è il caso di Cima Capi, un colossale pulpito appuntito che si affaccia sulla punta del Lago di Garda con uno di quei salti verticali che tolgono il fiato. E' possibile salire in vetta con due semplici vie ferrate, che garantiscono panorami straordinari; raggiungendo la val di Ledro da Riva del Garda, si passa proprio sotto la montagna con una lunga galleria.

giovedì 23 maggio 2013

Rocca Pumacioletto: quando la montagna si fa infida

Premesso che non si dovrebbe andare in montagna da soli, a maggior ragione se il tempo è grigio, il suolo è bagnaticcio e con resti di neve... trovandomi a mezzogiorno al Rifugio Lagoni per altri motivi, senza nulla da fare, mi concedo ugualmente un giretto nei dintorni!


Rocca Pumacioletto è un'agile vetta di 1690 metri, e si vede bene dal parcheggio dei Lagoni: è posta sull'estrema sinistra nel crinale roccioso visibile dietro il lago, e si riconosce dall'alto burrone e la piccola croce in cima. Sulla sua parete sud-ovest si sviluppano alcune vie di roccia.

Vista dai Lagoni: Rocca Pumaccioletto è la cima a sinistra
Dai Lagoni si raggiunge in circa un'ora percorrendo il 711a (attenzione al primo bivio); il sentiero, che non pone alcun problema nella bella stagione, si è dimostrato in parte ostico in questo maggio super-ritardatario: nel bosco le foglie scivolose, piccoli ruscelli lungo il sentiero, e salendo di quota cumuli di neve nelle zone più fredde.

 
Raggiunta la "cresta Pumacioletto", dove il 711a si incontra col 737 che sale dal passo della Colla, si penetra in un caratteristico corridoio di faggi contorti dal vento: restando sulla linea spartiacque fra Parma e Cedra si sale su un sentiero poco segnalato fino a sbucare fuori dal bosco: la vetta con la croce compare all'improvviso, oltre un grosso masso.

 
Un'ultima salita, a debita distanza dal precipizio verso i Lagoni, conduce alla piccola cima coperta di sassi, una delle più esposte e appuntite dell'Appennino parmense. La vista sul vallone nord del Sillara è notevole, così come sulla lunga sfilata di montagne a est e ovest.


Tornato sui miei passi, seguo gli ometti fino al grande masso incontrato in salita. Qui mi vengono dubbi sul sentiero da percorrere: la direzione logica lungo la dorsale infatti mi sembra impervia, con le piante che coprono il sentiero; sulla striscia di neve non vedo le mie impronte, e naturalmente quando servono i segnali non ci sono.


Ometti verso Rocca Pumaccioletto
Non voglio rischiare di imboccare un sentiero sbagliato, vista anche la vicinanza col burrone: vado avanti e indietro tre volte, girando attorno al masso, ma non trovo tracce evidenti; nel frattempo la giornata grigia e uggiosa decide una volta per tutte di girarsi in pioggerella: non il momento migliore si può dire, in una zona isolata, impervia e potenzialmente pericolosa!

Il masso
Per fortuna mi fermo alla fase "incazzatura a sangue freddo" senza passare a quella "sconforto"... dopo 10 minuti comodi di giri alla tonda, trovo un cartello del Parco Nazionale, lungo lo sviluppo logico della dorsale, quello che subito mi pareva poco battuto; ricompaiono anche le mie orme in salita sulla neve. Un bel sollievo!

Il corridioio di faggi contorti
Morale della favola: mai distrarsi quando è necessario ricordarsi da dove si è passati: salendo, il mio sguardo si è catalizzato sulla vetta comparsa all'improvviso, proprio in un passaggio dove era necessario restare concentrati, e magari lasciare le impronte sulla neve per intuire dopo la direzione giusta, non scontata. Ovvio poi che quando i cervelli funzionanti sono più di uno ci si aiuta meglio!

domenica 19 maggio 2013

Ferrata Balze di Malpasso presso Toano


Difficoltà tecniche: Medio/Facile
Dislivello: 100
Durata: 1 h
Stato segnaletica e attrezzature: Buono



Descrizione
La Ferrata delle Balze di Malpasso (o del Pizzo di Castelpizigolo) si sviluppa a quote basse, e questo la rende fattibile per buona parte dell'anno.

E' un percorso breve e non troppo entusiasmante (da evitare per chi non ama i pioli...), ma l'ambiente attraversato è davvero suggestivo; la presenza di varianti facili e aree attrezzate a pic nic permette tranquillamente di passare una buona mezza giornata da queste parti, anche con le famiglie. I sentieri sono sicuri, puliti e ben segnalati.

Le balze di Malpasso
Leggere le relazioni di questa ferrata presenti in rete può disorientare: ferrate e vie di fuga, ponti tibetani e ponti normali, semplici sentieri si agglomerano nella piccola vallata del Rio Malpasso. Il percorso che consiglio è questo: scendere subito al primo bivio fino alla Cascata del Rio Malpasso stando sempre su facile sentiero (n. 1): passati proprio sotto il ponte tibetano lungo, si raggiunge l'ampio greto del torrente Dolo, che offre una visuale completa sul tracciato della ferrata.


Torrente Dolo
Si torna indietro per imboccare ponte tibetano corto, sopra la cascata, e si comincia la parte principale ferrata (sentiero n. 2), fino alla cima del Castelpizigolo; dopo il primo tratto è possibile scegliere fra una variante verticale diretta e un percorso più facile in cengia.

In fondo alla variante difficile
Vicino alla cima è presente un'area da pic nic e i resti di un antico castello. Per terminare l'anello si discende un breve tratto sul già percorso sentiero n.1 per oltrepassare finalmente il ponte tibetano lungo, seguito da una scaletta su placca. Si prosegue poi in salita sul facile sentiero attrezzato n. 4, fino a un'altra area pic nic. Seguendo il sentiero in costa a destra, si torna a Castagnola.

Vetta del Pizzo di Castelpizigolo
La ferrata vera e propria è corta (100 metri circa di dislivello), ma tutto sommato intensa, specie se si percorre la variante diretta: la presenza costante di pioli è di aiuto a superare salti di roccia verticali, ma l'esposizione rimane. I tratti più scenografici sono le due lunghe cengie che tagliano in diagonale la parete del Castelpizigolo, con vista dall'alto sulle anse del torrente Dolo. I due ponti sospesi danno poi un tocco di originalità e gioco al percorso!

Ponte tibetano lungo

sabato 18 maggio 2013

La valle del Fellicarolo, nel segno dell'acqua

Giro bellissimo nella valle di Fellicarolo, una novità per me. Raggiunta la sommità del monte Lancio, vista da vicinissimo la splendida cascata del Doccione. Peccato per il tempo un po' grigio, ma è una costante di questa primavera avara di giornate terse!

Valle di Fellicarolo
Poco dopo le 7 lascio Parma, ma perdo molto tempo dalle parti di Maranello: volevo cercare una scorciatoia per Castelvetro, invece mi ritrovo a girare alla tonda sulle colline fra Serramazzoni Pavullo e Marano sul Panaro: come a camminare è opportuno avere la cartina, anche in auto ci vorrebbe sempre un buon atlante!

Cascata del Doccione

giovedì 9 maggio 2013

Rifugio Prato Spilla (1320)

Il rifugio e gli edifici circostanti sommersi dalla neve
La prima impressione quando si arriva a Prato Spilla non è certo di ammirazione: un grande piazzale inghiaiato; l'enorme e ambiguo rifugio, preceduto da un portico semicircolare nenche fossimo in Piazza San Pietro; una vecchia seggiovia e montagne anonime a chiudere l'orizzonte... ma poi, allontanandosi dalle piste lungo i sentieri, si scoprono presto angoli di bellezza incontaminata, e le montagne acquistano un aspetto ben più possente.

Dentro all'edificio c'è un grande salone col bar, un ristorante self-service e le camere. Ci ho mangiato un paio di volte in inverno senza fare i salti di gioia, mentre dietro al bancone ho notato un po' troppa freddezza: ma riprova, forse sarai più fortunato!

Vicino al rifugio è stato allestito un bel parco acrobatico fra i faggi, che l'anno scorso però aveva l'aria di essere in disuso. A Prato Spilla in inverno si scia: poche piste, una seggiovia freddissima, ma tante possibilità per lo scialpinismo.

Escursioni

Partendo da qui:
Cima Canuti, Malpasso, Lago Verdarolo, Scuro e Palo da Prato Spilla

Da Prato Spilla al Sillara: grande anello dei 9 laghi

Rifugio Lagoni (1340)

Più rustico rispetto a Lagdei, offre comunque una buona cucina e sorge in una location decisamente più affascinante: dopo i cinque lunghi km della sterrata che arriva dai Cancelli, tutta nel bosco, l'improvviso scenario del Lago Gemino inferiore (o "lagone") coronato di cime riempie di stupore.
Sul retro del rifugio c'è una bella terrazza panoramica, mentre all'interno è presente un affresco - un po' sacrificato fino a poco tempo fa - del pittore locale Walter Madoi.

Aperto tutti i giorni in estate, è punto di partenza ideale per le camminate verso la parte più selvaggia e rocciosa del crinale parmense: diverse le falesie attrezzate nei dintorni, mentre la passeggiata fino al lago Gemino superiore o al lago Scuro sono affrontabili facilmente da chiunque.

Anche qui vale la regola di non arrivare tardi la mattina in estate, vista l'alta frequentazione e il piccolo parcheggio; mentre in autunno si pone il problema dei numerosi fungaioli che occupano tutti i buchi possibili già alle 6 di mattina!

Escursioni
Partendo da qui:
Lago Scuro, Crinale del Brusa e valle del Badignana, dai Lagoni

Anello dei Lagoni, Lago Scuro, Monte Matto e zone umide

Anello Lagoni-Sillara per la Sella di Rocca Pianaccia e del Paitino

mercoledì 8 maggio 2013

Rifugio Prato Mollo, o Monte Aiona (1500)

Massiccia struttura, dal sapore più alpino che appenninico, purtroppo chiusa da un paio d'anni per mancata gestione. Fuori si trovano alcuni tavolini di legno ancora buoni, e in caso di emergenza c'è un portico sotto cui ripararsi (pieno di rantumaglia).

La torbiera di Prato Mollo, una delle poche in questo settore appenninico ad essere esposte verso il mare, si raggiunge da Pratosopralacroce con una lunga sterrata; è un ottimo punto di partenza per escursioni sul vicino monte Aiona e il Penna. Assolutamente da vedere Pietra Borghese, a pochi passi dal rifugio: un grande affioramento di periodotiti, che stando alla didascalia avrebbero ben 2 miliardi di anni, piazzandosi così fra le rocce più antiche d'Italia.

Rifugio Monte Bue (1777)

Il rifugio nascosto nella nebbiolina salendo in seggiovia
Si tratta di uno dei più recenti, alti e panoramici rifugi dell'Appennino: la sua posizione è davvero straordinaria, non fosse che la zona è ricchissima di precipitazioni; così al posto dell'intero arco alpino si vedono molto spesso solo nuvole (guardare ogni tanto la webcam per credere), per non dimenticare i ruderi della vecchia cestovia e i pali dello skilift di Prato Grande.

Il rifugio, inaugurato nel 2012, si presenta bene soprattutto dentro, con un ampio e luminoso salone al piano inferiore. E' aperto soprattutto di inverno, dunque sconsiglio di prenderlo come punto di riferimento per le escursioni; più probabile trovare aperto quello a Prato della Cipolla, poco distante.

Rifugio Prato Cipolla (1585)

Il rifugio in inverno: in alto a sinistra è visibile il rifugio monte Bue
La Cipolla è una grande roccia ofiolitica dalla forma bizzarra; il Prato è una grande torbiera, come ce ne sono tante in questa parte di Appennino: il rifugio si trova al bordo dell'uno e ai piedi dell'altra. Si tratta di una bella struttura in legno, inaugurata nel 2008 nell'ambito del rilancio sciistico di S. Stefano d'Aveto. Ci troviamo fra alte pareti di rocce rossastre, in uno degli angoli più ameni dell'Appennino ligure, purtroppo sfregiato qua e là da ruderi di vecchia data (principalmente sul monte Bue).

Oggi si può sciare di nuovo, anche se per pochi giorni vista l'esposizione poco fortunata ai venti marini. Le due seggiovie funzionano anche d'estate (non sempre: informarsi sul sito degli impianti): la prima si ferma proprio sopra il Prato della Cipolla; il secondo troncone raggiunge invece il monte Bue con il nuovissimo rifugio in vetta.

La Cipolla
 
Le escursioni verso i monti Maggiorasca, Bue e Nero, per chi arriva dalla Liguria, possono cominciare da qui invece che dai passi del Tomarlo e dello Zovallo.

Escursioni

Passando dal rifugio:
Anello delle ferrate Ferrari e Mazzocchi fra alta val d'Aveto e Nure

Vicino al rifugio:
Monte e Lago Nero, anello dal passo dello Zovallo

Monti Maggiorasca, Bue e Prato Grande dal Passo del Tomarlo

Rifugio Faggio dei Tre Comuni (1400)

E' il più giovane rifugio della provincia di Parma: aperto nel 2011, è proprietà del Cai; i tre comuni sarebbero Bedonia, Tornolo e S. Stefano d'Aveto. La struttura funzionale e la cordialità della famiglia che lo gestisce lasciano in secondo piano la posizione un po' anonima, in una breve spianata nel bosco.

D'altronde per l'escursionista questo è solo il punto di partenza verso gli ampi panorami del Penna o gli scenari rocciosi di Groppo e Groppetto, tutti raggiungibili facilmente attraverso freschi boschi di faggi.

Il rifugio è aperto tutti i giorni d'estate e nei fine settimana d'inverno, quando le strade attorno al Penna diventano piste da sci di fondo.

Escursioni
partendo dal rifugio:
 Monti Penna, Trevine e sorgenti del Taro dal Faggio dei Tre Comuni

vicino al rifugio: 
Monte Penna e Nave dal Passo del Chiodo

Sito Web:
Rifugio Faggio dei Tre Comuni

Rifugio Mariotti (1507)

Il più antico rifugio della provincia di Parma, di proprietà del Cai, sorge in una posizione meravigliosa, a un passo dalle acque calme del lago Santo. Si raggiunge da Lagdei in 45 minuti con comodi sentieri; esiste anche una vecchia seggiovia monoposto, tenuta aperta per forza di collaudi e rinvii, che sconsiglio vivamente di prendere.

Dal Mariotti, restrutturato di recente come Lagdei, passano quasi tutte le escursioni dirette ai monti Orsaro, Marmagna e vicini, ma molti escursionisti si fermano qui: dunque è facile trovare confusione in estate.
 
Ho pernottato recentemente al rifugio, e non mi sono trovato bene: freddo nelle stanze (e con -8 e 3 metri di neve fuori non è il massimo...), cena mediocre e prezzi da albergo 2stelle, anche con lo sconto Cai. Non mi sento comunque di sconsigliarlo, è uno dei rifugi più belli dell'Appennino e può permettersi di alzare un po' il tiro.

Escursioni:
Passando dal rifugio:
Monti Marmagna e Orsaro da Lagdei

Monte Aquilotto, anello a otto da Lagdei

Tutto attorno alla riserva del Pradaccio: anello dai Cancelli

Sito web:
Rifugio Mariotti

Rifugio Lagdei (1265)

Lagdei in inverno
Ottima struttura, aperta tutto l'anno e rinnovata di recente, si raggiunge con una sterrata di circa 1 km. Attenzione a non arrivare tardi la mattina nei giorni di punta, il parcheggio si riempie in fretta! Lagdei è il punto di partenza ideale per diverse escursioni verso il Lago Santo e il crinale, ma molti vengono semplicemente per cercare un po' di relax e magari fare giocare i bambini nei prati assolati della torbiera, percorsa da un facile percorso didattico su palafitta adatto anche agli anziani.

Al rifugio si mangia molto bene, anche a cena, con servizio (e prezzi) quasi da ristorante; consigliatissima la polenta pasticciata con formaggio e cinghiale! L'escursionista che deve partire un po' più leggero invece non si può perdere la ciabatta col crudo: pane commovente, prosciutto di Parma DOC.

Escursioni:

Partendo dal rifugio:
Monti Marmagna e Orsaro da Lagdei

Monte Aquilotto, anello a otto da Lagdei

mercoledì 1 maggio 2013

Monte Lancio (1540)

 Il nome di questa cima minore, posta sullo spartiacque fra le valli dell'Ospitale e del Fellicarolo, evoca bene il brivido che si prova sopra allo strapiombo a sud-est. La presenza di pini attorno alla vetta le dona un'atmosfera mediterranea, in contrasto con le vicine, fredde faggete a nord del monte Rondinara.

Escursioni: La valle del Fellicarolo

Reportage: La valle del Fellicarolo: nel segno dell'acqua

 
 

La valle di Fellicarolo

Dati tecnici
Punto di partenza: Fellicarolo (912)
Punto più elevato: Monte Lancio (1540)
Dislivello in salita: 730
Tempo totale di percorrenza: 5 h
Grado di difficoltà: E
Segnaletica: scarsa, spesso mancano i cartelli, talvolta anche i segni in vernice.
Punti d'appoggio: Bivacco Forestale lungo il sentiero 445; Bar rifugio Taburri; diverse fontane lungo il percorso
Accesso stradale: Dal centro di Fanano si raggiunge Fellicarolo; parcheggiare nell'unica piazzetta, col ristorante.
Note: tutto il primo tratto in costa del sentiero 427, si presentava in condizioni pessime, con piante cadute, smottamenti, rivoli. In un paio di punti risultava impercorribile.

Reportage:
La valle del Fellicarolo: nel segno dell'acqua

Itinerario
Il sentiero 427 comincia a Fellicarolo, dietro il cimitero, e prosegue in costa nel bosco fino alla graziosa località Il Poggio (1061). Da qui sale sulla spartiacque fra le valli di Fellicarolo e Ospitale, dove si unisce al sentiero 425; superato il monte Lancio (è possibile anche non salire in cima), si imbocca a destra il 445, seguendolo fino ai Taburri.


Rispettando le indicazioni per le cascate, si costeggia alla sua destra il fosso Fellicarolo, pronto per compiere i suoi salti formidabili. In fondo alla discesa si raggiunge un affascinante punto panoramico con un balcone di legno sopra il fiume.

E' possibile ora tornare a Fellicarolo per la vicina strada asfaltata; ma è consigliato risalire con quella inghiaiata verso i Taburri. Subito dopo il quarto e ultimo tornante, si prende a sinistra una carrozzabile (nessun segnale all'inizio), e superato un campo con due edifici ci si riunisce al sentiero 429, che guada subito un ripido ruscello per poi proseguire in leggera discesa, protetto da muretti, fino a Fellicarolo.