domenica 13 settembre 2015

Traversata Brenta 4: dal rifugio Graffer a Malga Tuena lungo il sentiero Costanzi

Data uscita: 13 Agosto 2015
Punto di partenza: Rifugio Graffer (2261)
Punto di arrivo: Malga Tuena (1740)
Punto più elevato: Cima Sassara (2892)
Dislivello in salita: 900 circa
Dislivello in discesa: 1450 circa
Tempo totale di percorrenza: 8 / 9 ore
Grado di difficoltà: EEA
Punti d'appoggio: Bivacco Fratelli Bonvecchio (2790), ingresso libero, 6 posti letto più tavolo
Note segnaletica: Buona. Segni rossi e CAI lungo il sentiero Costanzi,
Note: Ufficialmente il sentiero risulterebbe ancora chiuso per la presenza di attrezzature non a norma. Di fatto si percorre senza problemi, dando magari un'occhiata in più a ciò a cui ci si aggrappa


Come d'accordo dalla sera precedente, per la quarta tappa della traversata decidiamo di separarci. Andrea è un po' stanco, più a livello mentale che fisico: la lunga permanenza in ambienti esposti, specialmente sulle Bocchette Alte, ha avuto il suo peso; praticando un po' di alpinismo ci si abitua, e tutto fa meno impressione; ma con alle spalle giusto qualche ferrata è normale che il Brenta possa portare all'indigestione, specialmente con una tale scorpacciata.

Mattina al rifugio Graffer con Adamello

Così Andrea e Marco saliranno dal Graffer al Passo Grosté (2442) per raggiungere Malga Tuena lungo il sentiero delle Palete, con un breve tratto attrezzato nella salita alla omonima Bocchetta, ai piedi del Gran de Formenton. Io invece sono troppo ingordo e testardo per rinunciare al progetto originale, che prevede come gran finale il Sentiero Costanzi.

Battute finali del sentiero Costanzi

Questa incredibile (e interminabile) cavalcata di tutto il Brenta Settentrionale, attraversa scenari molto diversi da quelli delle Bocchette. Gli scorci perdono la spettacolarità tipica delle Dolomiti: meno pareti e più versanti erbosi, meno vedrette e più ghiaioni, meno cenge e più creste. Si può asserire che la via delle Bocchette è unica nel suo genere, mentre sentieri come il Costanzi sulle Alpi non mancano; tuttavia nel contesto della traversata del Brenta questa pennellata finale non poteva mancare, per dare un tono in più a tutto il quadro.

Gran de Formenton

Non parto proprio di buon ora dal Graffer, ma cerco di recuperare procedendo in fretta. La prima parte in effetti è un po' noiosa, almeno fino al balcone panoramico chiamato Orti della Regina. Qui comincia una facile cengia affacciata sulla val Vagliana, con Adamello e Presanella come sempre presenti, oggi un po' confusi dalla foschia.

Cima Grande

Segue un breve strappo ed eccomi su un prato, finalmente dinnanzi alla vera faccia di Cima Grande: un ghiaione sterminato, con gli immancabili due camosci in discesa libera, che il sentiero attraversa al centro per quasi un chilometro tutto di pietre! Prima della fine del prato incrocio il sentiero attrezzato Vidi proveniente dal passo del Grosté: io proseguo a sinistra sul ghiaione.


Nuovo balcone erboso panoramico, nuovo vallone ancora più solenne: la val Gelada, compresa fra il gruppo di Cima Vagliana, con un bizzarro foro nella roccia, e quello del Gran du Formenton; sul crinale alcuni pinnacoli tozzi caratterizzano la Bocchetta dei Tre Sassi (2613), alla quale si può giungere sia tagliando lungo il ghiaione a destra senza perdere quota (più ripido) sia scendendo al centro del vallone per poi risalire (sentiero segnato, più facile).

Guardando (attra)verso Cima Vagliana

Raggiunto il valico, mi affaccio per la prima volta sul versante Lago di Tovel, verso cui scende la val delle Giare percorsa dal sentiero 334. Il lago ancora non si vede, nascosto dalla mole del Corno di Flavona (2914). Io tengo la sinistra lungo il sentiero Costanzi, che ora mostra le prime difficoltà: roccette ripide non attrezzate seguite da un traverso con il cavo mi accompagnano in 30 minuti scarsi al Passo di val Gelada (2686).

Bocchetta dei Tre Sassi

Sono due qui le valli Gelade che si incontrano: quella di Vagliana e quella di Tuenno, dritta come un corridoio rivolto a nord-est; e proprio sullo sfondo, come incorniciata dalle due file di pareti, ecco la Malga Tuena, destinazione di stasera! Non sembra neanche lontana, ma la è; potrei scendere con il sentiero 380 e incrociare Marco e Andrea sul sentiero delle Palete, ma orologio gambe e testa dicono di proseguire.
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La val Gelada di Tuenno

La scelta deve essere ponderata, in quanto da qui al passo di Pra Castron non ci sono più scappatoie, per circa 4 ore si prosegue in cresta o poco più giù, esposti in prima linea a ogni cambiamento del tempo, piacevole o meno. Subito sopra il passo salgo con un ghiaione parecchio ignorante, dove conviene usare i bastoncini per aiutarsi e cercare i pochi, piccoli sassi ancorati al fondo (sfruttati anche per i segni in vernice!).

Vista verso la val di Sole

Proseguo con una crestina e una scala verticale che mi conduce sulla vera e propria cresta, sottile, un poco ghiaiosa, davvero mozzafiato. In questo contesto la presenza del cavo è piuttosto futile... si presume che un escursionista intenzionato a passare di qui abbia passo sicuro; dunque perché andare a riempire di ferro un passaggio così scenografico?

Cresta prima del Sasso Alto

Diverso il discorso per il tratto subito seguente, cioè il traverso sotto il Sasso Alto: qui, sotto una cengia leggermente inclinata, con la roccia strapiombante sopra la testa che spinge in fuori e in certi casi quasi a chinarsi, il passo sicuro non basta più... almeno non a due zampe! E infatti dietro il cavo nuovo di zecca ci sono numerosi chiodi ormai arrugginiti: allora il sentiero Costanzi poteva definirsi senza mezzi termini un sentiero alpinistico, non un sentiero attrezzato.

Il traverso sotto il Sasso Alto

Grazie al cavo la progressione è molto più semplice e veloce, sia lungo la cengia sia nello scabroso tratto di cresta successivo, che scende all'accidentata bocchetta fra Sasso Alto (2890) e Cima Sassara (2892). Quest'ultima, riconoscibile per la croce di ferro, si raggiunge facilmente seguendo il sentiero che risale una crestina a destra. La vetta offre un colpo d'occhio meraviglioso sul Lago di Tovel, le cime più alte del Brenta con i loro ghiacciaiotti in bilico, e in caso di giornate terse su buona parte delle Alpi Retiche e Venoste.

Cima Sassara

In cima curiosamente incontro gli unici escursionisti della giornata (oltre a un tedesco solitario e inquietante con piccozza); sono ragazzi giovani con accento locale. Il Costanzi prosegue su una nuova, estetica cresta, poi con breve discesa tocca il Bivacco Bonvecchio (2790): una struttura grande e confortevole, con l'interno tutto in legno e l'esterno in lamiera rossa. L'interno è ordinato, il libro degli ospiti pieno di firme delle scorse notti.

Interno del bivacco

Pranzo qui fuori: me la prendo abbastanza comoda perché ho tempo, penso di essere a metà strada e il meteo ha l'aria di rimanere stabile. In verità sono ancora nel pieno delle danze... Malga Tuena, laggiù a destra, non si è avvicinata, e la cresta sembra da qui proseguire in un'altra direzione, verso nord. Il sentiero infatti dopo una breve discesa torna a salire su ripidissimo terreno erboso (cavo) fino alla Cima Paradiso (2838).

Cima Sassara con il Bivacco Bonvecchio

Il sole è ormai coperto da nubi alte, di cui alcune piuttosto scure, si è alzato un vento fresco che mi mette addosso pressione e non mi fa godere il panorama... Da qui in poi è tutto un su e giù, molto faticoso, su prati pensili, canali, paretine lavorate. I cavi a volte sono sottili, altre rivestiti in plastica senza fittoni intermedi come un semplice canapone. Aiutano ad accelerare la progressione, e ce n'è bisogno, perché dietro ogni salita e cima ne compare un'altra più lontana e apparentemente difficile!

La lunga cresta su cui corre il sentiero Costanzi dopo il bivacco

A dire il vero il sentiero non sale proprio su tutte le cime: passato vicinissimo a quella Rocca (2830), e delle Livezze (2772), aggira sulla destra la cima del Vento (2755), affacciandosi sui canali erbosi che precipitano sulla valle di Tovel, vie di fuga che sembrano fattibili dall'alto ma nascondono insidiosi salti poco più giù.

Cima Benon

Il tempo è bigio, ma ormai non sembra più voler volgere al brutto. Sono piuttosto le gambe a non poterne quasi più: la salita erbosa verso Cima di Tuena e la successiva, difficile discesa attrezzata sono però gli ultimi ostacoli. Montagne più addomesticate si presentano ora in primo piano, e una targa indica l'inizio del Sentiero Costanzi (o meglio della sezione attrezzata), forse più godibile se affrontato nel verso opposto.


Mi aspetta ora una piacevole cresta erbosa, dove risbuca il sole a illuminare le forme perfette della Cima Benon, sotto la quale il filone roccioso si biforca geometricamente. Il sentiero si sposta a sinistra su una zona di sassi sottili e tondeggianti, molto rumorosi sotto lo scarpone. Salgo su una cima minore per ammirare da vicino l'ultimo baluardo di Brenta sopra i 2600: il Sasso Rosso, particolarissimo per la sua roccia appunto rossastra in totale contrasto il verde dei prati e molto diverso dalla dolomia vista finora.

Sasso Rosso

Non ci salirò per stavolta; al Passo di Pra Castron (2502) abbandono il Sentiero Costanzi che proseguirebbe ancora a lungo fino al rifugio Peller, e scendo a destra sul 310, diretto a Malga Tuena. La val Madris è verdeggiante e molto amata dalle marmotte; non certo abituate al passaggio di tanti escursionisti, si nascondono quasi subito, ma i loro fischi riecheggiano fra le pareti.

Vista dalla val Madris verso la catena del Fibbion


Poco sopra l'inizio degli alberi, avvisto Marco che sale a passi da gigante senza zaino... ha deciso di venirmi incontro dopo aver raggiunto con Andrea la malga già da un'oretta; gli suggerisco di proseguire ancora un po', lo accompagnerei anche in altre circostanze ma ora sono molto stanco! Arriverà fino al passo, tornando anche indietro con ampio anticipo per la cena!


Malga Tuena non è certo stato il migliore fra i luoghi in cui abbiamo pernottato. Si trova in una posizione incantevole, fuori dalle rotte classiche del Brenta; è un piacere poter assistere alla mungitura, fare colazione con attorno le galline, svaccarsi sull'amaca con vicino gli asini... certo non si presta agli amanti della pulizia - e non è il nostro caso - ma neanche a quelli che dopo un'escursione lunghissima hanno piacere a mangiare qualcosina in più: il nostro caso.


Ci aspettavamo infatti una cena degna di una malga, invece siamo andati a letto quasi con la fame, dopo un tagliere di salumi e formaggi e un piattino di gnocchi; il prezzo finale (45 euro a testa) in compenso non aveva nulla da invidiare alla mezza pensione di un qualsiasi rifugio. (Non) dulcis in fundo, la mattina dopo a un amico dei gestori è stata portata una fetta di torta mentre la sera prima per noi non ce n'era più. Massima stima per la scelta coraggiosa di questi giovani malgari, ma di questo passo temo non faranno tanta strada. Noi invece ne avevamo fatta tanta, avevamo fame e quindi loro si meritano un rimprovero sul blog.

Precede: Traversata, giorno 3: dal rifugio Alimonta al Graffer per le Bocchette Alte
Continua: Traversata, giorno 5: da Malga Tuena a Terres per il Lago di Tovel e la galleria

venerdì 11 settembre 2015

Traversata Brenta 3. Dal rifugio Alimonta al Graffer per la via delle Bocchette Alte

Data uscita: 12 Agosto 2015
Punto di partenza: Rifugio Alimonta (2580)
Punto di arrivo: Rifugio Graffer (2261)
Punto più elevato: Spalla di Cima Brenta (circa 3000)
Dislivello in salita: 600 circa
Dislivello in discesa: 900 circa
Tempo totale di percorrenza: 7,5 ore stando ai cartelli (più verosimilmente 8/9)
Grado di difficoltà: EEA
Punti d'appoggio: Rifugi Alimonta, Tuckett e Graffer
Note segnaletica: Ottima, bolli rossi lungo le Bocchette


Alba su Crozzon di Brenta e Cima Tosa

Terzo giorno: alle gambe ancora ingessate dalla tirata di ieri, tocca ripartire in salita verso la Bocchetta degli Armi; prima del valico sulla sinistra si stacca il sentiero per la via delle Bocchette Alte, che parte un po’ in sordina con tratti attrezzati misti a faticose rampe su sfasciumi. Raggiungiamo dopo circa un’ora un altopiano, che a prima vista sembra proseguire senza interruzioni verso il gruppo di Cima Brenta: in realtà in mezzo c’è una voragine stretta e profondissima, nella quale il nostro percorso si infila con una serie di scale.

Bocchetta Bassa di Massodì

Si tratta della Bocchetta bassa di Massodì, forse la più scabrosa del Brenta, incastonata fra due pareti; sui lati contrapposti sprofondano nevai molto ripidi, dai quali non può scendere alcun sentiero. La via delle Bocchette riparte con un breve passo atletico seguito da un vertiginoso traverso, che ci conduce a un bivio (di fatto consistente in una scala): giù scenderemmo al rifugio Brentei con l'impegnativa ferrata Oliva Detassis, già discesa due anni fa; su proseguiamo per le Bocchette Alte.
Cengia salendo verso lo Spallone

Le scale lasciano presto il posto a divertenti passaggi di arrampicata – quasi sempre attrezzati – tratti di sentiero e una bella cengia, con panorami entusiasmanti in ogni direzione. La salita termina sul cosiddetto Spallone di Massodì (3002), del quale si può facilmente raggiungere la vetta: un balcone bianco affacciato sul versante di Molveno. Di fronte a noi l’elegantissima cresta sud-est di Cima Brenta, della quale la via ferrata percorre il tratto iniziale.

Cima Brenta

Prima però bisogna superare una nuova profonda bocchetta, per raggiungere la quale scendiamo la famosa Scala degli Amici, la più lunga (e alta) di tutto il Brenta: 60 metri di gradini in ferro in piena esposizione, con la visuale aperta su tutti e due i versanti. Dopo la bocchetta inizia l’altrettanto esposto ma molto più godibile tratto di cresta, che ci porta fino all’angolo della Cima Brenta.

Scala degli Amici

Cosa potrà mai cominciare ora? L’ennesima cengia, tutta sul filo dei 3000 metri, con un salto di altezza incalcolabile verso est e panorami che si consumano. La prima parte è abbastanza larga, e si riesce ad incrociare altri escursionisti senza grossi rischi; i problemi si presentano in corrispondenza di un nuovo “ferro di cavallo”, in mezzo al quale c’è un nevaio piuttosto ripido che scarica spesso e volentieri, portandosi via i cavi di ferro: infatti ce ne sono almeno 6 uno affianco all’altro!

In cresta sotto Cima Brenta

Prima e dopo il canale, la cengia si restringe fino a scomparire; e la ferrata compie traversi sui quali si può per forza passare solo uno alla volta. Naturalmente c’è un gruppo nutrito di persone in arrivo, e ci tocca aspettare quasi mezzora perché tutti siano passati. Superato questo tratto raggiungiamo una zona di detriti, da cui parte la via normale per Cima Brenta: mangiamo qui, affettando sui sassi bianchi oppressi dal sole la nostra caciotta di capra ancora intonsa, che farà gola a diversi passanti!


Ripartiamo in discesa, stavolta senza ferrata, fino a una nuova brevissima cengia attrezzata: è l’ultimo angolo da superare prima di affacciarci sull’alta Vallesinella, con la sua vedretta e il rifugio Tuckett ancora basso e lontano. Una breve cresta panoramica, con le rocce sempre a picco verso Molveno, e poi ricomincia implacabile la discesa, stavolta con meno scale e più tratti di disarrampicata, a volte piuttosto difficili percorsi in discesa e quasi stanchi.

Ultime scale prima della Bocchetta del Tuckett

Ci sembra di essere scesi tantissimo, ma in realtà la Bocchetta del Tuckett è ben 2647 metri! Da qui i cartelli danno il Passo Grostè a 3 ore via Sentiero Benini: sono le 16 passate e sappiamo che i nostri tempi sono più dilatati, così decidiamo di scendere al rifugio Tuckett (2272) per poi raggiungere il Graffer via sentiero basso.

Cima Brenta da nord

La discesa sulla vedretta di Tuckett, ormai in agonia, è veloce e comoda: sulla nostra sinistra incombe il nevaio pensile di cima Brenta, interrotto dalla parete con cascate spettacolari… la luce del pomeriggio rende tutto più poetico e simile a un paradiso. Ci riposiamo un po’ al rifugio, circa 45 minuti dalla Bocchetta, poi ci rimettiamo in marcia sul comodo sentiero 316, diretti al rifugio Graffer.

Sentiero 316, panorama verso le cime Grostè e Falkner
Sentivamo il bisogno di un po’ di erba sotto i piedi dopo tanta dolomia, ferro e neve: il sentiero è un traverso piacevole e panoramico ai piedi delle pareti, colpito in pieno dal sole radente delle 18. Nulla però ci risparmia una salita un po’ accusata su una pietraia ciclopica, che ci porta ad affacciarci su una nuova vallata: quella del Grostè, dominata dal gruppo di Cima Grande (2936), maggiore elevazione del Brenta settentrionale.

Ormai in arrivo

Il grande rifugio Graffer (2261) ci aspetta là in mezzo, sfiorato dagli impianti di risalita di Madonna di Campiglio. Un rifugio un po’ più addomesticato rispetto a quelli precedenti, dove mangeremo molto bene e in abbondanza. Strano a dirsi, siccome era l’unico rifugio CAI! Questa volta andiamo a letto senza guardare la stellata, abbattuti dalla fatica e dalla cena. A fondo valle le luci di Madonna di Campiglio sembrano comunicarci una vicinanza con la civiltà, ma presto ne fuggiremo di nuovo!

Precede:
Traversata, giorno 2: dal rifugio Cacciatore all'Alimonta per Sentiero Brentari e Bocchette Centrali

Continua:
Traversata, giorno 4: dal rifugio Graffer a Malga Tuena per il Sentiero Costanzi

venerdì 4 settembre 2015

Traversata Brenta 2. Dal rifugio Cacciatore al rifugio Alimonta per Sentiero Brentari e via delle Bocchette Centrali

La via delle Bocchette può considerarsi di buon diritto uno dei percorsi d’alta quota più spettacolari delle Alpi. Una successione logica di cenge, creste, scale vertiginose permette a ogni buon escursionista di godere scorci e scenari solitamente riservati agli alpinisti. Nella nostra traversata abbiamo deciso di spezzare in due la lunga cavalcata nel cuore del Brenta: una giornata dedicata a sentiero Brentari e Bocchette Centrali fino al rifugio Alimonta; un’altra alle più difficili Bocchette Alte fino al Graffer.


Ferrata delle Bocchette Centrali e Campanile Basso

Data uscita: 11 Agosto 2015
Punto di partenza: Rifugio Cacciatore (1820)
Punto di arrivo: Rifugio Alimonta (2580)
Punto più elevato: Sella della Tosa (2845)
Dislivello in salita: 1400 circa
Dislivello in discesa: 700 circa
Tempo totale di percorrenza: 8,5 ore
Grado di difficoltà: EEA
Punti d'appoggio: Rifugio Agostini (2410), Rifugio Pedrotti (2439)
Note segnaletica: Da buona a ottima su tutto il percorso (segni CAI, qualche bollo rosso)
Note: I tempi di percorrenza dipendono molto dal traffico sulle ferrate e dal fatto di legarsi sempre o meno (noi ne abbiamo impiegate quasi 11)

Tramonto sulla Presanella dal rifugio Alimonta

Ci incamminiamo dal rifugio Cacciatore non proprio di buon’ora: il sole già batte sulla salita verso il rifugio Agostini, esposta a est. L’alta val d’Ambiez ci si mostra passo dopo passo in tutto il suo fascino selvaggio, con prati e rocce che conservano le tracce dell’antico ghiacciaio; pareti imponenti svettano da tutti e quattro i lati.

La testata della val Ambiez

In un’ora circa siamo al rifugio Agostini (2410), tetto e scuri delle finestre colorati rosso vivo. Da qui comincia l’ultimo lembo della valle, con faticosa salita su ghiaie e sfasciumi fino al limitare della vedretta. Il sentiero si mantiene sul lato sinistro con un facile tratto attrezzato; noi invece puntiamo al centro della vedretta seguendo un’ampia cengia.

Rifugio Agostini e Cima d'Ambiez

E’ ben visibile un lungo traverso sulla neve poco sotto alle pareti: si tratta del sentiero dell’Ideale, che scende dalla Bocchetta dei Camosci (2784): lo stretto intaglio che riconosciamo alto sulla sinistra. Noi tagliamo il pendio salendo in diagonale verso destra, superando una stretta crepacciata; ci ritroviamo così alla base della parete, dove una scala parte poco sopra alla neve (attenzione anche qui al crepaccio): è l’inizio del Sentiero Brentari.

Vedretta d'Ambiez: visibile il taglione e l'inizio del Sentiero Brentari

Il percorso è abbastanza semplice, e guadagna rapidamente quota con scale un po’ esposte nella prima parte, poi un lungo zig zag fra le roccette. Alle nostre spalle l’imponente parete della Cima d’Ambiez. Raggiungiamo una prima bocchetta, affacciata sulla val di Ceda; poi uno spettacolare traverso ci conduce in breve alla Sella della Tosa (2845), punto più alto del sentiero e della giornata di oggi.

Attacco del sentiero Brentari, sulla sinistra la Bocchetta dei Camosci

Eccoli, finalmente, i pezzi da novanta: i due Campanili Alto e Basso con la cima degli Sfulmini, a formare un autentico trio delle meraviglie; mentre a sinistra incombe Cima Tosa, massima elevazione del Brenta, raggiungibile con una via normale tutt’altro che facile proprio da questo versante. Da qui fino al rifugio Pedrotti non troveremo più tratti attrezzati, ma il sentiero scende per brevi roccette di I grado e traversi su neve da affrontare con attenzione. Procediamo comunque più spediti rispetto alla ferrata.

Sella di Tosa

I due campanili si nascondono dietro altre pareti, un tratto in costa lungo e un po’ noioso ci conduce al rifugio Pedrotti (2491) a un’ora e mezzo dalla sella. Dal rifugio Agostini i cartelli davano 3 ore, ma ci abbiamo messo decisamente di più, e nemmeno senza andare troppo piano… attenzione quando pianificate le escursioni, da queste parti i tempi sono piuttosto “performanti”.


Chiesetta del rifugio Tosa

Pranziamo comunque con calma, è necessario raccogliere le forze per il tratto più grandioso della giornata, e forse di tutta la traversata: le Bocchette Centrali. Con questo nome è in genere identificato il tratto compreso fra la Bocca di Brenta e la Bocchetta degli Armi, vicine rispettivamente ai rifugi Pedrotti e Alimonta. Tre ore di percorso attrezzato in quota, senza vie di fuga, prevalentemente su cenge orizzontali piuttosto larghe; ma non mancano passaggi verticali, talvolta senza ferro.

Inizio delle Bocchette Centrali

Dalla Bocca di Brenta scendiamo qualche metro verso il rifugio Brentei, e vediamo l’inizio della ferrata sulla nostra destra. Seguiamo una prima, regolarissima cengia, e girato l’angolo ci si presenta in primissimo piano, imponente più che mai, la guglia del Campanile Basso (2883). Numerosi arrampicatori, piccolissimi, cercano i punti deboli di questa parete, dove a inizio 900 sono state scritte pagine importanti dell’alpinismo: italiani e tedeschi, qui, si sono dati battaglia senza fucilarsi a vicenda, come sarebbe invece avvenuto di lì a breve su tante altre montagne nei dintorni.

Scorcio improvviso su sua maestà il Campanile Basso

Con questi 300 metri verticali sopra la testa (e altrettanti che sprofondano a valle) superiamo una serie di roccette e un traverso fino a raggiungere la notevole Bocchetta del Campanile Basso; bizzarre guglie svettano sul versante di Molveno, mentre passaggi faticosi non sempre attrezzati ci portano ancora più in alto, alla base della parete degli Sfulmini.

Marco e la parete del Campanile

Comincia una nuova cengia, più stretta ed esposta di quelle percorse finora: è il “Ferro di cavallo”, uno dei passaggi più celebri del Brenta; la cengia compie un vero e proprio tornante attorno a un canale profondissimo che solca la parete, e nella parte centrale è coperto da un verdissimo, morbido muschio. Praticamente sempre in cengia ci portiamo fino alla Bocchetta degli Armi (2749): uno degli intagli più profondi lungo la cresta principale del Brenta.

Il "Ferro di cavallo"

Precipizi da tolgiere il fiato si gettano sul versante di Molveno, mentre in quello della val Rendena si distende ciò che resta della vedretta degli Armi, con il ghiaccio in bella vista. La via delle Bocchette, dopo la lunga cengia, perde quota fino al passo con una successione di scale molto ripide; la discesa verso il rifugio Alimonta (2580) è veloce e comoda grazie alla neve molle.


Tramonto sulla Bocchetta degli Armi

Il rifugio è pieno zeppo di persone che iniziano a cenare, ma aspettiamo volentieri il nostro turno, scolando prima una birra sotto il sole ancora alto, e concedendoci poi un’inderogabile doccia. Tra il primo e il secondo l’enrosadira dà spettacolo sulle pareti a ovest, mentre dopo la grappa ci attende una stellata mozzafiato ad alta quota, con la volta del cielo contornata su tre lati da montagne.

Precede:
Traversata, giorno 1: da San Lorenzo in Banale al rifugio Cacciatore lungo la val d'Ambiez

Continua
Traversata, giorno 3: dal rifugio Alimonta al Graffer per le Bocchette Alte

giovedì 3 settembre 2015

Traversata Brenta 1. Da San Lorenzo in Banale al rifugio Cacciatore lungo la val Ambiez

La val d'Ambiez è una delle più grandi del Brenta, e costituisce la principale via d'accesso del gruppo dolomitico da sud. E' risalita da un'impervia sterrata, chiusa al traffico veicolare esclusi pochi, coraggiosi fuoristrada che fanno la spola dal rifugio Cacciatore; sono anche presenti sentieri alternativi di poco più lunghi. Percorrerla a piedi significa passare nell'arco di poche ore da un paesaggio collinare e antropizzato agli scenari selvaggi e maestosi tipici di queste montagne, dove le pareti di dolomia svettano sopra lembi di ghiacciaio non ancora del tutto esauriti, creando anfiteatri di rara bellezza.


Data uscita: 10 Agosto 2015
Punto di partenza: San Lorenzo Dorsino (758)
Punto più elevato: Rifugio al Cacciatore (1820)
Dislivello in salita: 1100
Tempo totale di percorrenza: 3 ore
Grado di difficoltà: E
Punti d'appoggio: Ristoro Dolomiti
Note segnaletica: Ottima Cai su tutto il percorso
Accesso stradale: Si può raggiungere San Lorenzo con le linee bus provenienti da Trento o meglio ancora da Mezzolombardo
Note: La quota modesta e l'esposizione a sud rendono particolarmente calda la salita nei mesi estivi, specialmente la prima parte; poi il percorso si snoda prevalentemente all'ombra nel bosco.

Stazione di Mezzolombardo, una tarda mattinata d'agosto: due paia di scarponi e uno di sandali, tre zaini uno più panciuto dell'altro, aspettano su una panchina che passi la corriera a condurli in un luogo più consono. Eccolo il bus, ecco le cime del Brenta che si sporgono a darci il benvenuto mentre saliamo verso Molveno, il lido delle Dolomiti.

Mezzolombardo

Qui cambiamo corriera, e in breve raggiungiamo San Lorenzo Dorsino (758), dove oggi si festeggia - o meglio si festeggerebbe - il santo patrono. E' l'una: il sole batte a picco, i negozi sono chiusi, le fontane sono chiuse pure loro per un'ordinanza comunale dovuta alla siccità straordinaria. Ci incamminiamo sull'asfalto incandescente verso la graziosa borgata di Senaso (792), entrando a cercare un po' di fresco nella chiesetta dedicata ai santi Rocco e Sebastiano, adornata da affreschi del 400: espressione colorita di una semplice fede contadina.

Ultima cena con aragoste!

Mangiamo i nostri panini presso un lavatoio, e ci tocca andare a cercare l'acqua per riempire le borracce da un villeggiante, che gentilmente ci fa entrare in casa. Intrusione abbastanza inutile, visto che presso il ristorante Dolomiti (798), a 20 minuti scarsi da Senaso, troviamo una fontanella ancora viva e freschissima. Qui l'asfalto finalmente termina, e comincia la stretta carrozzabile - un po' lastricata un po' cementata - che risale la valle. Una jeep attende un gruppo di tedeschi in ritardo da accompagnare in quota, ma noi non ci lasciamo indurre in tentazioni!

Si bivacca!

Ripartiamo in salita, e prima del Ponte alle Scale (913) lasciamo la strada per un sentierino che si mantiene a destra del Rio d'Ambiez. Non resistiamo a pocciarci, chi più chi meno, nelle acque del torrentello, che forma interessanti scivoli, polle e cascatelle; fa impressione notare quanta poca sia la sua portata, pensando anche che nasce da vedrette glaciali!


Presso Malga Laon (1099) riattraversiamo il rio su un bel ponte di legno, circondato da una vegetazione lussureggiante; dopodiché il sentiero comincia a salire deciso nel bosco fino a immettersi di nuovo nella carrozzabile, ora particolarmente ripida. Dopo circa 10 minuti incontriamo a destra una traccia che scende verso il fiume, supera un brevissimo tratto attrezzato e ci conduce ai piedi di un sottilissimo salto d'acqua, alto una ventina di metri: sarebbe stato meglio fare qui il bagno!


Riprendiamo la salita; dopo Pont de Broca (1304) la valle si restringe in un caratteristico orrido, senz'altro spaventoso da percorrere in jeep! Appena la valle si riapre, e cominciano a sbucare timide sopra il bosco le cime che la coronano, abbandoniamo ancora la strada, superiamo l'ennesimo ponticello e risaliamo nel bosco sulla destra orografica del fiume (sempre segnavia 325).


La vegetazione arborea assume ora lineamenti più montuosi, con larici e faggi a fare da padrone. Al termine della salita ci affacciamo su un meraviglioso alpeggio, con al centro la Malga Prato di Sotto (1638): mentre scattiamo alcune foto incontriamo il gestore, che trasporta sulle spalle un pesantissimo tronco di larice ma si ferma ugualmente a fare due chiacchiere; anche noi ci fermeremo volentieri a comprare due formaggi, con cui arricchire i nostri panini nei giorni successivi!


A questo punto il grosso della salita è fatto, e su stradina comoda e all'ombra raggiungiamo il rifugio Cacciatore (1820), al centro di una maestosa cornice di bastioni dolomitici. Siamo giusto in tempo per la cena, abbondante e servita con simpatia; al termine, non possiamo perderci la gara della panna cotta, consistente nel succhiare in un colpo solo dal piatto il dolce gommoso lasciando meno tracce possibili. Il cuoco è un campione riconosciuto in questa disciplina, ed è riuscito a ciucciarsi ben sette panne cotte... con avversari tanto temibili e allenati, non riusciamo certo a fare un'ottima figura, ma ce la caviamo!


Tra una grappa e l'altra, scambiamo qualche chiacchiera con i rifugisti: si tratta di un gruppo di giovani, quasi tutti alpinisti, che ha preso in gestione il rifugio proprio da questa stagione; Matteo viene da Lecco, dove era istruttore nella palestra dei ragni, ed è pieno di progetti per rendere speciale il rifugio e godersi le montagne che lo circondano, dove ancora c'è qualcosa da scoprire. Sicuramente l'atmosfera amichevole che abbiamo respirato, il cibo buono, il prezzo a dir poco competitivo daranno i loro frutti. Buona fortuna ragazzi!

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Secondo giorno: dal rifugio Cacciatore all'Alimonta per Sentiero Brentari e Bocchette centrali