venerdì 30 ottobre 2015

Penna di Civago, la ferrata più difficile dell'Appennino Tosco Emiliano?

Valle del Dolo come la val di Fassa: nella prima conoscerai senz'altro qualche famosa via ferrata, nella seconda dubito. Ed è normale sia così. Eppure il Dolo può vantare la palma di torrente appenninico che sfiora il maggior numero di vie ferrate: tre per la precisione. Un numero non trascurabile, considerato che in tutta la provincia di Reggio ce ne sono cinque!
 

Torrente Dolo
Forse questo proliferare di ferro non è stato digerito bene dagli alpinisti affezionati all'Appennino (Pietra di Bismantova esclusa, in tutta la provincia di Reggio ce ne sono forse cinque): una delle ferrate in questione, il Barranco del Dolo, copre infatti in parte il tracciato di un paio di vie alpinistiche. E potrei giurare che qualcuno avrebbe desiderato - sempre che già non sia stato fatto nei decenni scorsi! - trovare qualche bella linea dove oggi passa la ferrata della Penna.

Ferrata della Penna di Civago

Senz'altro cavi e fittoni consentono di fare salire un maggior numero di appassionati - comunque pochi - su  queste pareti, altrimenti riservate a sesto-gradisti col gusto dell'esplorazione. E' un dibattito che solleva sicuramente meno scalpore rispetto alle sfide di Moto GP... 80 anni fa sarebbe stato diverso. Del resto anch'io devo inventarmi qualcosa da scrivere sul blog, e quei quattro sassi buoni che ci si litiga sull'Appennino possono far nascere polemiche feconde. Detto ciò, la ferrata è davvero bella, anche se breve e un po' fuori mano... se vi piace il genere, non perdetevela!

Dati Ferrata
Data uscita: 4 Ottobre 2015
Punto di partenza: Case di Civago (1046)
Punto più elevato: Incrocio con sentiero 607 (1500 circa)
Dislivello in salita: 500 circa
Tempo totale di percorrenza: 2 / 2,30 h (0,20 avvicinamento, 1 / 1,30 ferrata, 0,45 rientro)
Grado di difficoltà: EEA. Ferrata breve ma difficile
Punti d'appoggio: Bar e alimentari a Civago, rifugio San Leonardo al Dolo
Periodo consigliato: Primavera e autunno
Note segnaletica: Ottima
Stato attrezzatura: Nuova
Accesso stradale: Da Civago seguire le indicazioni per Case di Civago. La strada prosegue sterrata dopo il piccolo borgo per circa un km fino alla sbarra. Si può parcheggiare appena sotto l'inizio del sentierino di avvicinamento (cartello informativo della ferrata).
Note: Abbiamo percorso la ferrata dopo la pioggia; l'arenaria ricca di licheni se bagnata diventa molto scivolosa; ma va detto che i tratti dove occorre sfruttare l'aderenza sono pochi, quasi sempre si incontrano pioli di ferro. Comunque consiglio di salire con tempo asciutto e stabile!



Descrizione percorso
Dal parcheggio ci lasciamo il Dolo alle spalle e risaliamo il suo ripido versante sud, per buona parte su una pietraia. I segnavia abbondanti portano all'attacco della ferrata, che si può dividere in due parti ben distinte: nella prima si risalgono divertenti diedri e un breve camino, quasi sempre con l'aiuto di pioli nuovissimi infissi nella roccia. Qualche scaglia non risulta stabilissima come appiglio e appoggio, ma in generale la roccia è ottima.

Il passaggio chiave

Dopo un tratto erboso (cavo sempre presente) inizia la seconda parte della ferrata, la più difficile. La linea di salita si impenna su un primo salto, poi sale in piena parete superando un diedrino strapiombante che nonostante i pioli richiede un po' di scioltezza - o di forza! Una placca con pochi appoggi e poi terminano le difficoltà. La ferrata però non è ancora finita: si prosegue con un sentierino, una cengia panoramica e una nuova breve placca che fa da uscita estetica dalla parete.

L'uscita

Di fatto non si è arrivati da nessuna parte, ma il panorama è gradevole sui dintorni di Civago e l'alta valle del Dolo visti a volo d'uccello. Le attrezzature terminano qui, ma non la salita, indicata da bolli bianchi. In un quarto d'ora si raggiunge il bivio con il sentiero 607, dove ci sono due possibilità: scendere a destra direttamente verso Civago (più esposto) o proseguire a sinistra verso il rifugio San Leonardo (più facile e probabilmente breve). Il sentiero passa dalla località Cavallina, con interessanti baite in sasso usate dai pastori .

Faggeta autunnale

 Raggiunto il 605 a fondovalle, si può raggiungere il rifugio San Leonardo con una breve deviazione a destra, oppure si prosegue a sinistra tornando in circa 15 minuti al parcheggio.

martedì 27 ottobre 2015

Anello sul versante sud del Monte Altissimo, con traverso della Tacca Bianca

Altissimo in verità non lo è, specialmente se lo metti di fianco a un Pisanino o una Tambura, come di fatto è; però in quanto a esposizione sul mare, fra le Apuane non lo batte nessuno. Una grande muraglia di 1000 metri, sulla quale si inerpicano coraggiosissime vie di lizza, usate per calare a valle i blocchi di marmo estratti da cave in posizioni a dir poco spericolate. Oggi le ha sostituite una carraia solcata a colpi di dinamite, piena di tornanti da cui scendono camionisti altrettanto coraggiosi.

Monte Altissimo e Versilia

Il sentiero 32 è stato ripulito e attrezzato dal Cai di Massa in occasione dei 150 anni del sodalizio. Si tratta di una discreta cavalcata, che richiede un certo allenamento e conviene non affrontare con il caldo o il terreno bagnato. Il traverso della Tacca Bianca invece non è un sentiero ufficiale, ed è meglio evitare di avventurarcisi se si soffre di vertigini: di fatto è una cengia lunga e stretta, con fittoni robusti ma vecchissimi dai quali non farei passare a cuor leggero una eventuale corda fissa.

Traverso della Tacca Bianca

Sicuramente è meglio farlo in salita, anche per rendersi conto subito di ciò a cui si va incontro. Attraversando le cave abbandonate ci si potrà rendere conto di quanto "rudo" - non saprei come altrimenti definirlo - sia stato abbandonato nei decenni su questa montagna: teleferiche mastodontiche, tubi e cavi di ferro, edifici pericolanti...

Arrivo della teleferica alla Cava della Tacca Bianca

Una messa in sicurezza e valorizzazione in chiave turistica potrebbe fare apprezzare a più persone questi reperti di archeologia industriale, testimoni di una lotta a suo modo sublime fra l'uomo e la montagna; lotta che invece ora sta diventando un'autentica depredazione, per la quale si ha tutto l'interesse a tenere lontani gli escursionisti da questi luogi. Non a caso il nuovo sentiero passa da tutt'altra parte...

Data uscita: 27 settembre 2015
Punto di partenza: Azzano, bivio per località la Polla (cancello chiuso), 434
Punto più elevato: Monte Altissimo (1589)
Dislivello in salita: 1150
Tempo totale di percorrenza: 6 ore senza soste
Grado di difficoltà: EE+ (te dirai eeeeh! io ti rispondo fai il traverso della Tacca Bianca e poi mi saprai dire!)
Punti d'appoggio: Nulla sul percorso, alimentari e bar-ristorante ad Azzano
Periodo consigliato: Primavera e autunno. Anche inverno per l'esposizione quasi sempre a sud, ma molta attenzione al ghiaccio
Note segnaletica: Ottima sul nuovo sentiero 32, totalmente assente lungo il traverso della Tacca Bianca
Accesso stradale: Raggiungere Azzano da Seravezza, attraversare il paese e proseguire sulla strada asfaltata in discesa per circa 1 km. Parcheggiare nei pressi di un cancello su una sterrata che sale sulla destra (segnali CAI).
Note: Escursione sconsigliata nei giorni feriali, siccome c'è una cava ancora in attività (polvere dei camion sulla strada di discesa, esplosioni...)

Inizio d'autunno

Descrizione percorso
Si supera il cancello, passando dopo pochi minuti di fianco alla casa di un fantomatico scultore francese (presente una fontanella); raggiungiamo la località Polla (484), con una cappelletta dedicata ai tanti minatori rimasti per sempre da queste parti. Qui una targa indica l'inizio del nuovo sentiero 32, che abbandona la sterrata per attraversare la base dell'immensa frana / ravaneto alla base della montagna, dove si trova la sorgente carsica del torrente Serra.

Galleria e tubi presso la sorgente

Ricalchiamo ora il percorso di una vecchia via di lizza, coperta dall'erba, fin quando il sentiero piega bruscamente a destra, salendo con più decisione nel bosco. Attorno a quota 900 metri il bosco termina, e il sentiero sale ripidissimo sui prati fino a un bivio per il passo della Greppia, dove teniamo la destra superando un breve tratto attrezzato.

Via di lizza

Sbuchiamo così su una nuova via di lizza proveniente dalla Cava della Tacca Bianca, e la imbocchiamo a destra. Ignorato un nuovo bivio per il Passo Uncini, ci manteniamo sulla lizza che taglia alla base tutta la parete sud dell'Altissimo. Appena prima di una galleria però il sentiero la abbandona, salendo a sinistra (cavo) e continuando a costeggiare la parete con maggiore esposizione (cavo d'acciaio nuovissimo, un tratto con tre pioli).

Un tratto attrezzato del sentiero 32

Al termine del traverso ci troviamo appena sotto alla Cava dei Colonnoni : facendo molta attenzione, si può salire sotto l'enorme foro artificiale affacciato sulla sottostante cava della Tacca Bianca. Una traccia di sentiero poco accennata, sul bordo destro della cava, conduce con ogni probabilità al famigerato sentiero dei Tavoloni, che collegava in piena parete le due cave grazie ad assi di legno e stanghe di ferro: oggi sono rimaste solo le seconde, per cui non si passa più.

Il foro tra Cava dei Colonnoni e Tacca Bianca

Il sentiero 32 invece taglia nuovamente a sinistra appena prima della cava, affrontando direttamente con numerosi zig zag un ripido canale, prima nel bosco poi su terreno aperto, che ci conduce fino alla cresta principale. Teniamo la sinistra e in 20 minuti raggiungiamo l'ampia cima, dove ammiriamo le principali vette delle Apuane, la linea di costa che digrada fino a Livorno, le isole Capraia e Gorgona.

In cresta sul sentiero 32 prima della vetta

Per la discesa seguiamo la cresta appena percorsa, proseguendo oltre il bivio (non segnato) con il 32. Raggiungiamo così il Passo del Vaso Tondo (1382). Qui imbocchiamo una debole traccia sui prati ripidissimi nel versante massese; alcuni traversi esposti e l'erba insidiosa richiedono di avanzare con molta cautela.

Inizio della discesa dal Passo del Vaso Tondo

Dopo aver perso circa 150 metri di quota, il canale erboso assume i tratti di un precipizio, e il sentiero inizia a traversare sulla destra, in totale esposizione e con tratti scavati a forza nella parete. La prima parte è la più scabrosa, con un passaggio molto stretto e 2/3 metri di discesa su erba, ghiaietto e massi non proprio stabili dove è quasi inevitabile aggrapparsi ai vecchi fittoni arrugginiti. In seguito la cengia si fa più larga e piacevole!

Traverso della Tacca Bianca

Raggiungiamo dunque la cava della Tacca Bianca, con l'arrivo di una grande teleferica in rovina: sopra le nostre teste il ben noto foro oltre il quale sorge la Cava dei Colonnoni e il sentiero dei Tavoloni, con le stanghe di ferro piantate nella parete che mettono i brividi soltanto a guardarle. Noi scendiamo sul versante opposto grazie a una vecchia scalinata nel marmo e all'aiuto del cavo dove questa è scomparsa.

L'ex sentiero dei Tavoloni

Siamo alla cava Fitta, e qui si comincia a guardare davvero dentro la montagna: attraverso un'enorme galleria ci si può affacciare sulla sottostante cava Macchietta, l'unica ancora attiva su questo versante: il marmo è estratto letteralmente dalle viscere dell'Altissimo. Con una nuova scalinata in marmo seguita da una scala a pioli artificiale molto suggestiva, siamo al piazzale della cava Macchietta, dove arrivano anche i camion, e le difficoltà si possono considerare concluse.

A Picco sul Forte

Noi seguiamo fino a la Polla la strada marmifera; in alternativa, almeno nel primo tratto, è possibile tagliare a sinistra per una stretta ed esposta via di lizza, che taglia un paio di tornanti. Poco prima della Cava Mossa (o cava Michelangelo) scende sulla destra un altro sentiero a bolli rossi che si collega direttamente al 32 poco sopra la Polla.

lunedì 26 ottobre 2015

Andata e ritorno in Grignetta. Spigolo Vallepiana alla Piramide Casati

Mi capita poco spesso di tornare a breve distanza nello stesso luogo, a maggior ragione se questo è sulle non proprio vicine Prealpi; ma nel caso della Grignetta ho potuto chiudere un occhio! Questo giro ci accompagna anche Alberto, ed è lui a proporre lo Spigolo Vallepiana: nome non legato a fattori morfologici - qui le valli sono anzi piuttosto ripide! - bensì al cognome del suo primo salitore. Meglio specificare, io ci avevo creduto...

Spigolo Vallepiana: Secondo tiro


La via è divertente, su roccia buona e appigli meno manigliosi e più inclinati rispetto ai Torrioni Magnaghi: un quarto grado onesto, con chiodatura essenziale e soste comode. Arrampicata spesso sul filo dello spigolo con panorami magnifici sulla selva di guglie che svettano su tutto il vesante est della Grignetta. Lo stesso lungo avvicinamento costituisce in sé una bella escursione, di fatto una vera e propria ferrata: la Direttissima.
Lungo la Direttissima

I nostri (miei più che altro) progetti ventilati di fare anche un'altra via, oppure salire di nuovo sulla cima della Grignetta, si sono scontrati sia con il tempo cronologico sia con quello atmosferico: già durante gli ultimi tiri infatti si sono formate nubi basse, e la visibilità ne ha risentito. In compenso l'effetto delle sagome spettrali dei vari Fungo, Lancia, Mongolfiera stagliati davanti al lago e alla pianura hanno dato spettacolo e alleggerito il rientro lungo lo stesso percorso dell'andata!

Piramide Casati, vetta!

Data uscita: 26 settembre 2015

Punto di partenza: Piani Resinelli (1275)

Durata: 6/7 ore: 2 h avvicinamento, 2 / 3 ore la via, 1,45 ore rientro

Dislivello in salita: 800 circa: 600 avvicinamento, 200 la via

Grado di difficoltà: D-

Chiodatura: essenziale, a fix resinati un po' distanti. Consigliati friend e cordini per proteggersi meglio. Soste con catena

Punti d'appoggio: Rifugi e bar ai Piani Resinelli

Esposizione della via: Sud Sud/Ovest

Prima salita: Giovanni Gandin e Ugo di Vallepiana, ottobre 1933

Periodo consigliato: Primavera e autunno. D'estate può fare caldo vista l'esposizione. Nonostante la distanza dai Piani Resinelli, è una via abbastanza frequentata. 



La rampa che conduce dal sentiero all'inizio della via

Avvicinamento: Salire al rifugio Porta (se non si è riusciti a parcheggiarci direttamente) e seguire le indicazioni per la Grignetta. Poco dopo, al limitare del bosco, girare a sinistra sul sentiero 8 (la Direttissima, indicazioni per il rifugio Rosalba). Numerosi saliscendi con tratti di ferrata conducono in un'ora e mezzo circa ai piedi di una guglia con sopra una piazzola d'atterraggio: qui si scende a sinistra sul sentiero 8A (indicazioni per il rifugio Rosalba) fino alla base della Piramide Casati, facilmente riconoscibile per la mole e la forma appunto piramidale. Giunti a un canale, si seguono inizialmente alcuni bolli rossi, per poi risalire appena possibile sulle facili placche alla propria destra (I). Si raggiunge così il comodo pianoro all'inizio dello spigolo (sosta con spit).

1° tiro: si attacca il diedro (III+, fix) per poi mantenersi sulle roccette a sinistra dello spigolo. La via ripiega poi a destra su rocce gradinate fino a un nuovo terrazzo con la sosta (35 metri).


Primo tiro

2° tiro: il più bello e sostenuto della via, ben protetto. Si comincia in esposizione sul filo dello spigolo (IV), dunque ci si porta alla sua sinistra superando una placca verticale con appigli più delicati (IV+). Seguendo la linea dei fittoni, si supera anche uno strapiombino (IV+) riportandosi leggermente verso destra, dunque di nuovo verticalmente (qualche passaggio di V) fino alla sosta. 35 metri

Alberto sui passaggi duri del secondo tiro

3° tiro: di nuovo verticalmente sullo spigolo (IV-, fix): dopo pochi metri questo si fa più difficile e occorre traversare a sinistra fino alla base di un evidente e profondo camino. Si sale in spaccata su buoni appigli (III), quando poi il camino diventa troppo largo ci si porta sulla destra (qualche presa traballante), e superato uno strapiombino (IV, due fix) si esce presso la sosta. 40 metri


Terzo tiro: Mario nel camino

4° tiro: si aggira a destra il masso sopra la sosta o lo si sale direttamente (IV), dunque si prosegue in placca e poi su un breve camino a destra (IV, due fix) fino a una cengia che sale a destra. La seguiamo fino a un nuovo fittone, al centro di una bella placca (IV) seguita da un camino (III+ clessidra) che esce in prossimità della quinta sosta. 40 metri

Il panorama dalla via

5° tiro: Saliamo l'atletica fessura appena sopra la sosta (IV, fix), dunque su terreno più facile (II) raggiungiamo la vicina sosta. 15 metri.

Io all'inizio del quinto tiro

6° tiro: Seguire la cresta verso il ben visibile monumento a forma di piramide, aggirando alcuni massi. L'unico passaggio di una certa difficoltà (III+) è il caminetto appena sotto la vetta, piuttosto unto. 40 metri

Facile cresta finale (6 tiro)

Discesa: Seguire i bolli rossi che portano a scendere sul versante opposto della Piramide Casati, quello che guarda il Torrione Palma. Con qualche passaggio un po' esposto in disarrampicata (II) si raggiunge la forcelletta che separa le due montagne (anello di calata in un canale a destra: possibile scorciatoia?). Discendiamo il ghiaione a sinistra fino a immetterci nel sentiero Cecilia, proveniente dal rifugio Rosalba. Lo seguiamo a destra, fino al Colle Valsecchi. Qui ci sono due possibilità: più lungo ma più logico proseguire sul sentiero Cecilia, che si mantiene alla base destra della cresta Segantini fin sotto la vetta della Grignetta, da cui è possibile rientrare scendendo dalla Cermenati; oppure, come abbiamo fatto noi, scendere subito per la Direttissima, fino alla già citata piazzola d'atterraggio, dalla quale con i già percorsi saliscendi torniamo al punto di partenza.

Torre, Lancia e Fungo

martedì 20 ottobre 2015

Traversata dei Torrioni Magnaghi per Spigolo Dorn e Via Lecco, più vetta Grignetta

A chi giunge per la prima volta ai Piani Resinelli, balzano subito all'occhio: come cactus di pietra, i Torrioni Magnaghi spiccano dai ripidi prati sul versante est della Grignetta. Sono più lontani di quanto sembri, ma non abbastanza per venire schivati da un turismo arrampicatorio di massa. Del resto la roccia è meravigliosa, l'attrezzatura recente, e molte vie adatte ai principianti come noi.


Terzo tiro Spigolo Dorn

Rimango comunque dell'idea che prima di buttarsi su una via alpinistica, per quanto facile sia, bisogna essere come minimo in grado di attrezzare una sosta, usare una piastrina, sbrogliare le mezze corde... e da quanto abbiamo potuto notare durante questa limpidissima domenica di fine estate, nella cordata davanti e in quella dietro di noi c'era chi non sapeva farlo!


In attesa in sosta sullo Spigolo Dorn

Scesi dalla Grignetta al tramonto e rientrati ormai con il buio ai Piani Resinelli, abbiamo incontrato una coppia preoccupata per due amici rimasti in coda per ore e ore sulla Cresta Segantini... guardando verso la montagna, abbiamo visto le luci delle frontali occhieggiare ancora molto in alto: e magari non erano neppure le loro!

Tramonto scendendo dalla Cresta Cermenati

Forse in certe giornate questi torrioni rischiano di diventare il parco giochi di Milano, e le numerose piazzole di atterraggio lo dimostrano; tuttavia, dopo lo scorso weekend sul Catinaccio (con lo stesso trafficato se non peggiore), devo dire che la Grignetta non fa certo una grama figura in termini di bellezza dei paesaggi e delle vie. Le differenze senz'altro sono compensate dalle quasi due ore di viaggio in meno per noi parmensi!


Il Disgrazia dalla cima della Grignetta

Data uscita: 6 settembre 2015

Punto di partenza: Piani Resinelli (1275)

Durata: 7 / 9 ore (1,45 avvicinamento, 3 - 5 ore la traversata, 0,45 la salita alla Grignetta, 1,30 la discesa). Molto dipende dal traffico sulle vie.

Dislivello in salita: 1000 circa

Grado di difficoltà: AD+

Chiodatura: Fittoni resinati, soste con catena. Protezioni sempre presenti nei passaggi più difficili, consigliati comunque cordini friend e nut per integrare.

Punti d'appoggio: Bar, rifugi e forno ai Piani Resinelli

Esposizione della via: sud sud/est

Prima salita: Spigolo Dorn: Giuseppe Dorn e Friedrich Reichert, 1901;  Via Lecco: Vittorio Panzeri, Andrea Cattaneo, Mario Galbusera, 1934.

Periodo consigliato: Primavera, estate e autunno. Evitare giornate troppo calde e le domeniche più a rischio affollamento

Avvicinamento: La soluzione più breve è parcheggiare presso il rifugio Porta (sbarra con divieto d'accesso, ma sembra non ci siano problemi... non prendetevela con me nel caso). Da qui si sale per la Cresta Cermenati (sentiero 7) verso la Grignetta, fino al bivio a destra con il sentiero che traversa fino alla base del primo torrione. Mantenendosi sulla destra della parete, si raggiunge una piazzola d'atterraggio con piccolo gabbiotto in legno per le barelle; su tracce di sentiero con facili passi d'arrampicata, si guadagna una selletta proprio sotto lo spigolo del torrione. Qui con attenzione si scende nel canale da cui partono le vie.

Salita lungo il sentiero 2

Un'alternativa - valida se non si trova parcheggio al Porta - consiste nel seguire dai Piani Resinelli la strada asfaltata, superando il rifugio Cavallotti fino a incontrare il sentiero 2 (indicazioni per i Torrioni Magnaghi). Si sale oltrepassando il Canalone Porta e la Bocchetta dei Prati, dunque si raggiunge dal lato opposto la piazzola d'atterraggio.

Spigolo Dorn al Torrione Magnaghi Meridionale
Dal canale alla base del Torrione, partono quattro vie molto vicine fra loro: la prima verso monte è la variante Antidorn (passaggi di V); seguono lo spigolo Dorn e la via Albertini (IV+), il cui primo tiro è in comune con la normale al Sigaro Dones (V). Quest'ultimo è una guglia sé stante ben riconoscibile per una grande croce rossa in vetta.

La forcelletta sopra il canale da cui partono le vie
(conviene non passarci, ma stare più a destra, vicino alla parete)

1° tiro: si supera una rampa verso sinistra, per poi raggiungere facilmente un comodo terrazzino dove si sosta. 15 metri, III.

2° tiro: rimontiamo il bello spigolo a destra della sosta (IV), seguito da un diedro con fessura (chiodo, spazio per i friend); breve traverso a destra, poi la via riprende a salire in verticale con uno strapiombino (IV, chiodo). 35 metri.

Inizio del secondo tiro

3° tiro: si seguono senza percorso obbligato facili placche ben appigliate, potendosi assicurare con le numerose clessidre. Presente un unico chiodo sul tiro. Verso la fine della lunghezza, piegare leggermente a sinistra, verso il terrazzo della sosta, posto proprio sullo spigolo con bello scorcio sulla vicina vetta del sigaro Dones. 30 metri

Terzo tiro

4° tiro: affrontiamo direttamente lo spigolo, per poi spostarci più verso sinistra, con un delicato traverso (IV) seguito da uno strapiombino (IV+). Tiro abbastanza esposto e sostenuto, ma protetto con numerosi resinati e chiodi rispetto al resto della via. 35 metri.


Sorvolando il Sigaro Dones

5° tiro: per una rampa inclinata e facili roccette si guadagna la cresta principale. 20 metri, III.

6° e 7° tiro si possono incorporare, o fare in conserva o, se ce la si sente, slegati. Il passaggio più esposto è la discesa subito dopo la sosta, cui segue un saltino (III-) e una facile cavalcata in cresta fino alla sosta (50 metri). Qui scavalcato uno spuncione si cammina facilmente fino alla vetta del Torrione Meridionale (grosso masso con scritto Lemonsoda).

La vetta del Torrione Meridionale con i laghi di Garlate e Annone

Torrione Magnaghi Centrale
Dalla sosta, si scende per pochi metri verso destra (est), fino a raggiungere una sosta posta nei pressi della forcella Dorn, che separa il torrione Meridionale dal Centrale. Da qui comincia il cosiddetto "traversino": superata in spaccata la forcella sale verticalmente (2 chiodi, IV+) fino a una rampa e una cengia che facilmente ci conducono alla sosta, appena sotto la vetta del Centrale. 40 metri.

Traverso attrezzato verso la Forcella GLASG

Proseguiamo dunque sul filo di cresta, fino a una freccia rossa che ci indica di scendere a sinistra, lungo un canale da percorrere in disarrampicata (II). Procedendo in cordata, si può sostare alla sua base, dove inizia un traverso attrezzato con cavo che ci porta fino alla Forcella GLASG.

Via Lecco al Torrione Magnaghi Settentrionale
La via attacca direttamente dalla Forcella; più a destra sale la via normale (IV).

1° tiro: affrontiamo una variante diretta alla via classica, che salirebbe molto più a sinistra con due tiri. Noi seguiamo una linea di tre fittoni che sale quasi verticalmente, piegando solo alla fine verso sinistra. La prima parte è tutta una placca ben appigliata, più atletico l'ultimo passaggio in strapiombino sotto la sosta (IV+). 40 metri

Primo tiro via Lecco

2° tiro: si sale a sinistra rispetto alla sosta, per una placca poco appigliata (IV+, quasi subito c'è un resinato che dalla sosta però non si intravvede). Si prosegue piegando leggermente a destra, sempre in esposizione e su IV sostenuto (un altro fittone, spazio per un nut) fino alla sosta. 25 metri.

I torrioni Centrale e Meridionale dalla via Lecco

3° tiro: Dopo un primo muretto (III, chiodo) si prosegue facilmente in cresta. Sosta dopo 30 metri circa. Noi proseguiamo avvicinandosi più possibile alla croce di vetta e facendo sosta su uno spuntone.
In vetta al Magnaghi Settentrionale

Discesa: Dalla cima occorre proseguire in ogni modo verso nord, fino a un bivio: qui la discesa più breve è la cresta Sinigaglia, cui si giunge scendendo a destra con un breve tratto attrezzato. Avendo tempo a disposizione - noi ne avevamo poco ma la giornata era troppo bella per scappare! - si può salire in mezzora circa in cima alla Grignetta (tratti con catene), per poi scendere con la facile cresta Cermenati fino ai Piani Resinelli in un'ora e mezzo.

Ultime luci sui boschi dei Piani Resinelli


mercoledì 14 ottobre 2015

Val Noveglia, un labirinto di verde

Non penso sia un'esagerazione annoverare la val Noveglia fra le più belle nell'Appennino. Nonostante la bassa quota, ci si sorprende di fronte alla varietà di paesaggi, alla fusione profonda fra l'ambiente e le costruzioni dell'uomo. Vagando per i sentieri, ci si imbatte in autentici paesi fantasma, dove la natura si è ripresa ciò che i nostri avi hanno abbandonato, per emigrare.


Specialmente in estate, è facile nei dintorni di Bardi imbattersi in auto di lusso con targhe inglesi, francesi, belga; anche chi ha fatto fortuna non si è dimenticato delle sue radici, ancora piantate a fondo in questi boschi pieni di ricordi e misteri.

Per le erbacce anche il pandino è lussuoso

I massi antichissimi della Città d'Umbria, che qualcuno fa risalire al popolo pre-romano dei Liguri; le leggende attorno al castello di Bardi, appollaiato come un'aquila sulla sua rupe di diaspro che guarda tutta la valle del Ceno; le chiese dai campanili altissimi, arricchite da affreschi che mai ti aspetteresti di trovare qui, nascoste fra i castagneti.

Il Monastero

Sui sentieri un tempo percorsi in punta di piedi dai partigiani, ora si trovano ben piantate le impronte dei lupi; nei paesi hanno paura che si mangino i bambini per davvero, altro che i comunisti! Rispetto al temuto predatore risulta più facile incontrare, nelle praterie alte del Barigazzo, il sontuoso cavallo bardigiano.

Sontuoso caprone novegliano

Giù, ben nascoste sul fondo della valle, diverse cascate zampillano dai salti di arenaria stratificata, caratteristici della zona. I più avventurosi (e privi di vertigini) possono percorrere la cresta del Barigazzo, che si sporge dai faggeti come il dorso di un drago di pietra.

La cresta e la chiesetta del Barigazzo

E' l'autunno la stagione migliore per smarrirsi in val Noveglia e dintorni, e non parlo in senso metaforico! La conformazione del paesaggio, talvolta scavato da sorte di doline e vallette cieche; il gran numero di sentieri vecchi e nuovi raramente segnati; la vastità delle superfici boscose: tutto contribuisce a rendere questi luoghi più che mai adatti per perdersi.

Antico tratturo nei pressi di Lavachielli

Voci recenti narrano al proposito di istruttori Cai che ancora stanno vagando con il loro gruppo, brancati dai lupi, in cerca della via d'uscita da questo labirinto di verde!

Il lupo!