giovedì 12 novembre 2015

Affondo mancato alla cima Cop di Breguzzo, dal Lago di Malga Bissina


La Cima Cop di Breguzzo è il tremila più a sud nel gruppo dell'Adamello, e di conseguenza quello più vicino in linea d'aria alla mia città. Un tremila tondo tondo, tanto che qualche malalingua sostiene addirittura la sua altezza sia stata camuffata dagli austriaci ai tempi della Grande Guerra, per potervi indirizzare maggiori rifornimenti di armi.

Cresta sud-ovest di Cima Cop di Breguzzo

Una meta piuttosto ambiziosa per un'uscita in giornata il primo di novembre; ma siamo ansiosi di tornare in alta quota e pestare un po' di buona neve, e decidiamo di provarci. Almeno della neve ci leveremo sicuramente la voglia!


Cima Bissina, versante nord

Partiti prima delle 5 da Parma, raggiungiamo il Lago di Malga Bissina (1780), ancora avvolto nell'ombra, poco dopo le 7.30. Solo un'altra auto ci ha preceduto. Costeggiamo il lago con la sterrata pianeggiante, un poco noiosa ma adatta per scaldarsi, anche se tutto sommato non fa per niente freddo. L'aria è pulita, gli alberi colorati dall'autunno, le vette innevate creano uno scenario a dir poco meraviglioso.



Giunti a Malga Breguzzo (1806), alle porte della val di Fumo, abbandoniamo il sentiero principale per il 223, diretto al passo di Breguzzo. Fin da subito l'avanzare si dimostra complicato: il versante è a ovest, tutto in ombra, il ghiaccio ricopre alcune rocce alternandosi con il fango, il sentiero sale ripido senza tanti complimenti e con i segnavia ridotti all'essenziale. Sembra che su di qui ci sia davvero poco passaggio.

Ghiaccio sul sentiero

Raggiungiamo un pianoro glaciale a quota 2100 circa, dove si incrociano tre sentieri: a sinistra il 248B per il rifugio val di Fumo, a destra il 249 per le Porte di Danerba, diritto lungo la valle il nostro 223. Inizialmente attraversiamo una zona paludosa, per poi costeggiare il torrentello ricco di meandri. Il passo è ancora lontano, compreso fra le pareti nord innevate di Cima Danerba e Corno di Trivena e le creste spoglie sud ed est del Cop di Breguzzo.

Presso il bivio. Sullo sfondo Corno di Trivena
 
La neve copre sempre più porzioni di terreno, è dura, suona acuta sotto gli scarponi. Sembra tutto perfetto... ma ecco che di fronte, e presto tutto attorno a noi si distende una pietraia interminabile, che il sentiero attraversa senza un percorso definito: di fatto avanziamo saltando da un sasso all'altro, sfruttando i pochi ponti di neve dura che sembra sostenere il nostro peso.

Una sassaia interminabile!!
 
La neve però è sempre di più, e salendo di quota, anche se siamo ancora all'ombra, si fa meno portante. I sassi dal canto loro sembrano non voler finire mai... Indossiamo le ghette e iniziamo a battere la traccia cercando la via migliore in mezzo a questo labirinto. Dopo un po' però prevale la voglia di spostarci sul versante ripido a destra, quello a nord, dove sono scese diverse valanghe.

Traverso sul versante nord
 
La neve rimestata si dimostra più dura, ma non di molto, e la pendenza si fa al limite per procedere senza ramponi. Terminato il traverso, rieccoci in mezzo alla valanga di pietre, ormai totalmente coperte di bianco. Cerco di seguire le schiene dei sassi, dove la neve è più abbondante e minore è il rischio di cadere in una buca. A ogni passo ormai sprofondiamo quasi mezzo metro, e la fatica si fa sentire prepotente!

Traccia contorta
 
Ci imponiamo comunque di raggiungere il sole per fare sosta, e quando i raggi ci scaldano ormai siamo quasi arrivati al passo. Un'ultima impennata nel canale (circa 35 gradi), con tanto di filo spinato vecchio di 100 anni, e ci affacciamo sul versante della val Rendena dai 2768 metri del Passo di Breguzzo.

Ultimo canalino (cavo presente)

Il versante est, che ci aspettavamo di trovare pulito, si dimostra invece coperto a sua volta di neve, crosta non portante. Diamo giusto un'occhiata alla cresta sud, che sembra lunga e tutt'altro che semplice. E' l'una, siamo stanchi e il sentiero di ritorno è lungo e complesso, quindi optiamo saggiamente per fare retrofront.

La cresta verso il Corno di Trivena

Anche a ritorno ci manteniamo il più a lungo possibile sui pendii svalangati, ancora in ombra, poi cominciamo a cavalcare in discesa i sassi coperti di neve, sempre seguendo le linee convesse. Il sole è arrivato anche qui, luminoso e caldo a livelli quasi fastidiosi. I ramponi cominciano a raschiare i sassi, ci fermiamo a toglierli riparandoci all'ombra di un masso più grande (il primo novembre, a 2300 metri di quota, sottolineo).

Traverso improvvisato su erba per inseguire il sole
 
Dopo un tentativo poco fortunato di tagliare per i campi sul versante opposto, infestati da ginepro tagliente e nuove rocce, torniamo a valle in mezzo alla palude, poi di nuovo sulle rocce ghiacciate e infangate che il sole non ha fatto in tempo a lambire. Una fatica tremenda... Torniamo a Malga Breguzzo con il Caré Alto illuminato dagli ultimi raggi di sole, che nell'arco di pochi minuti cambia colore quasi in diretta, in stile Pop Art.

Carè Alto. Nessun filtro!

Ultimissimi raggi sulla parete

Luce finita!

All'auto arriveremo con il buio: siamo gli ultimi ad andarcene dal parcheggio, custode della diga escluso!

E buonanotte al Carè Alto

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