giovedì 22 dicembre 2016

Una cavalcata sulle Apuane fra mare e nuvole: Cresta del monte Cavallo

Sulla cartina delle Alpi Apuane ci sono molte cime non toccate dalle linee rosse dei sentieri; e spesso si tratta delle più alte e conosciute: Pisanino, Pizzo d'Uccello, Grondilice, Contrario, e tutta la lunga cresta del monte Cavallo. Qui non ci sono cartelli, segnavia, ometti... solo tracce pestate da rari escursionisti e capre, vere regine di queste montagne.

La cresta del monte Cavallo

Sulla cresta l'esposizione è notevole, ma di fatto non ci sono tratti di vera e propria arrampicata. Il panorama verso il mare e la pianura toscana, gli scorci sulle montagne vicine, la forma particolarissima delle gobbe che una dopo l'altra si scavalcano, garantiscono un'esperienza di montagna vera e selvaggia, rovinata soltanto dalla presenza delle cave di marmo.


Giochi di luce e nebbia in cresta
Data uscita: 26 novembre 2016
Punto di partenza: Val Serenaia (1066)
Punto più elevato: Monte Cavallo (1888)
Dislivello in salita: 1000 circa
Tempo totale di percorrenza: 5 ore
Grado di difficoltà: EE, passaggi di I sulla cresta.
Punti d'appoggio: Rifugi Donegani, Val Serenaia Orto di Donna (aperti tutti solo d'estate), Bivacco K2, Bivacco Aronte
Periodo consigliato: Tutto l'anno, evitare le giornate troppo calde. D'inverno la cresta è valutata AD+, difficile trovarla in condizioni ottimali.
Note segnaletica: CAI sui sentieri, assente in cresta
Accesso stradale: Salendo dalla Lunigiana, si raggiunge Minucciano, dunque superata l'unica galleria svoltare a destra per la val Serenaia. La strada è asfaltata ma piuttosto esposta alla caduta massi.


Il punto di partenza migliore per la traversata del Cavallo è l'ombrosa val Serenaia, raggiungibile da Minucciano. Conviene parcheggiare nei pressi del campeggio (1066), a ridosso del primo e unico tornante dopo il rifugio Serenaia. Qui si sale per un poco lungo la strada verso il Donegani, per poi imboccare a sinistra il sentiero 180 (indicazioni rifugio Orto di Donna).

Veduta della valle di Orto di Donna col Pizzo d'Uccello

Si guadagna quota nella faggeta, che ci risparmia fin dove può lo scempio delle cave alla nostra destra. Dopo un tratto pianeggiante in un prato, il sentiero inizia a salire più deciso verso destra, superando una zona scoscesa (prestare attenzione con terreno bagnato); dopo circa un'ora dalla partenza, fa capolino dietro le piante il grande edificio del rifugio Orto di Donna (1496).

La cresta ovest del Cavallo
Lo lasciamo alla nostra destra, imboccando il sentiero 179 verso Foce di Cardeto. Rientrati nel bosco, incontriamo anche il giallo bivacco K2 e superiamo comodamente il versante nord del monte Contrario finché le piante lasciano il posto ai prati. A questo punto guardando verso il crinale individuiamo una stretta forcella, la Foce di monte Cavallo (1703), che si raggiunge faticosamente cercando la via migliore sul ripido pendio erboso.

Un ultimo strappo ci permette di affacciarci sul versante toscano: se è autunno o inverno probabilmente vedremo qui il primo sole della giornata! Sulla sinistra svetta il monte Contrario, preceduto da un imponente gendarme; a destra inizia invece la cresta ovest del Cavallo, di cui già si vede la cima principale con le caratteristiche squame di roccia oblique.


Imbocchiamo dunque il filo di cresta, all'inizio facile poi via via più sottile. Una prima lama di roccia si può aggirare dal versante nord, oppure affrontare direttamente (I grado, roccia marcia!); poco dopo se ne incontra un'altra, più affilata ed esposta, che conviene invece superare su debole traccia dalla parte del mare (presente vecchio cordino attorno a una pietra).

La seconda lama di roccia: la si aggira per i pendii a sinistra nella foto

A questo punto siamo ai piedi della cima settentrionale, che a prima vista appariva inaccessibile. Prestando attenzione al terreno sfasciumoso, si traversa leggermente a destra in salita, per poi riguadagnare la cresta, a poco a poco meno ripida. Dalla vetta, dirimpetto al Pisanino, scende la cresta nord: solitamente percorsa d'inverno come accesso alla traversata, partendo da Foce di Cardeto, presenta un paio di passaggi di II grado. Senza la neve è meglio salire come qui descritto dalla Foce di Cavallo.

Monte Contrario

Dalla cima settentrionale si scende facilmente all'intaglio da cui sbuca il canale Cambron, altra classica salita invernale, e si affronta il tratto più esposto della traversata. La cuspide rocciosa della cima principale va affrontata stando inizialmente sulla destra, dove un piccolo cavo d'acciaio aiuta a superare una placca un po' liscia. Poco dopo conviene portarsi di nuovo sul filo di cresta, molto esposto ma più semplice. Superata l'ultima fascia di roccette si è in vetta (1888, un'ora da Orto di Donna).

Vista dalla cima principale sul proseguo della cresta

Lo spazio è ridotto, il terreno roccioso, la cresta prosegue aerea verso sud est. Sempre in marcata esposizione ma su traccia più battuta si superano una dopo l'altra le spettacolari gobbe centrali del Cavallo. Qualche passaggio di I grado consente di guadagnare la quota 1872, da cui si scende ad un'ampia sella erbosa. A questo punto è consigliabile proseguire fino alla cima meridionale, che strapiomba letteralmente sul Passo della Focolaccia (circa 10 minuti), ma occorre poi ritornare alla suddetta sella.

A sinistra la cima settentrionale, al centro quella principale

E' da qui infatti che si scende dalla cresta, cercando la linea più comoda sui ripidi prati che digradano verso il mare. Conviene seguire a grandi linee un canale, lasciandosi a sinistra una fascia di rocce, e puntando a una roccia con un caratteristico foro che ricorda vagamente una chitarra (una Gibson Les Paul per la precisione!). Qui passa il sentiero 167 che unisce la valle degli Alberghi con il Passo della Focolaccia.

Verso il sentiero 167: notare il foro-chitarra!

Stando attenti, prima di intercettare il 167 si incontra un'altra traccia, un po' vaga, che traversa un poco più in quota. Imboccarla a sinistra e seguirla con qualche breve saliscendi fino alla Forcella di Porta (1747), evidente intaglio lungo la cresta sud-ovest (detta anche coda) del Cavallo. Sulla sinistra dentro la parete si apre una grotta, mentre da destra sale appunto il sentiero 167, che ora seguiamo in discesa raggiungendo brevemente il Bivacco Aronte (1650, un'ora e mezzo dalla cima).

Interno del Bivacco Aronte

Ci tocca ora attraversare la grande cava sul Passo della Focolaccia, che spacca in due la montagna costringendo a compiere un giro illogico (e molto poco intuitivo con scarsa visibilità!). Seguiamo per un breve tratto la sterrata che sale da Gorfigliano abbandonandola per il sentiero 178, che traversa il versante nord del Cavallo (qualche facile tratto su roccette) conducendoci alla Foce di Cardeto (1642, 30 minuti dal Bivacco Aronte), uno dei passi più caratteristici delle Apuane.

Incisioni cavestri al passo della Focolaccia

Da qui si imbocca a destra il sentiero 179 (indicazioni val Serenaia), che passa sotto caratteristici massi di roccia scistosa caduti dalle vicine pareti degli Zucchi di Cardeto. Si procede con attenzione, apprezzando i meravigliosi scorci sul Pisanino, e dopo un ultimo tratto di discesa ripido su roccette (presente cavo) si entra una volta per tutte nel bosco, raggiungendo comodamente il parcheggio (un'ora dalla Foce di Cardeto).

Ciò che resta dentro la Buca della neve del Cavallo presso Foce di Cardeto

lunedì 5 dicembre 2016

Pizzo Arera, cresta est. Anello invernale su una bella cima orobica

Il Pizzo Arera spicca tra le valli Brembana e Seriana, nel cuore delle Alpi Orobie. Vicino alla pianura, dalla quale è ben riconoscibile nelle giornate serene, è una cima isolata e panoramica, molto frequentata dai bergamaschi: complice il rifugio Capanna 2000, accogliente e quasi sempre aperto, e una strada asfaltata che sale oltre i 1500 metri: vero lusso per le Orobie, e infatti lo si paga!

La nord del Pizzo Arera e le Orobie
 
L'itinerario suggerito è una breve ma completa traversata che permette di affacciarsi sul versante nord dell'Arera, decisamente più aggressivo rispetto a quello sud, da cui si sale; è consigliabile percorrere la cresta quando è totalmente innevata, per godersi lo spettacolo delle grandi cornici sporgenti. La discesa dalla normale richiede un po' d'attenzione nel superamento di un canalino attrezzato, per il resto è abbastanza facile. Con pericolo valanghe alto meglio andare altrove (tutto il versante sud è piuttosto a rischio).

Croce di vetta ghiacciata!

Data uscita:  4 Dicembre 2016
Punto di partenza: Parcheggio Plassa di Zambla, sopra il rifugio Saba (1600)
Punto più elevato: Pizzo Arera (2512)
Dislivello in salita: 1000 m scarsi
Tempo totale di percorrenza: 4/5 ore a seconda delle condizioni
Grado di difficoltà: F
Punti d'appoggio: Rifugio Capanna 2000 (quasi sempre aperto)
Periodo consigliato: Da inverno a primavera inoltrata
Note segnaletica: Sentieri di avvicinamento stranamente poco battuti e con segnavia molto vecchi. Qualche bollo e ometto sulla cresta; la discesa invece è segnalatissima.
Accesso stradale: Raggiungere Zambla Alta (meglio salire dalla val Seriana, meno trafficata della val Brembana), dunque seguire le indicazioni per il monte Arera. Presso alcuni orribili caseggiati, prendere la strada in ripida salita (via Monte Arera); se si vuole lasciare l'auto al parcheggio a 1600 metri, occorre pagare in anticipo alla sbarra (4 euro giornaliero) e lasciare il biglietto esposto in auto - attenzione, su non c'è un'altra macchinetta e lungo tutta la strada vige il divieto di sosta! In alternativa sono circa 30 minuti a piedi su asfalto.

Vista del Pizzo Arera da Zambla Alta con schizzo dell'itinerario

Itinerario:
Dal parcheggio seguire la sterrata che passa vicino ai ruderi dei dismessi impianti di risalita; dopo un paio di tornanti, sulla destra si stacca il sentiero 222/237, che compie un lungo traverso sul versante sud dell'Arera. A un primo bivio si prosegue verso Cima Grem (sentiero 237) fino a raggiungere il fondo di una valletta (45 minuti dall'auto).

Pizzo Arera da sud est

Qui a seconda dell'innevamento conviene tagliare a sinistra in salita e raggiungere per tracce (segnavia 244, sentiero quasi inesistente) la Forcola di Valmora (1996); in alternativa si prosegue sul sentiero principale, che poco oltre sbuca nel piccolo altopiano di Baita Camplano (1826). Da qui si imbocca a sinistra la valletta che sale da Baita Valmora, e per tracce più o meno marcate si raggiunge da destra l'omonima forcella, da cui inizia la cresta est.

Sopra Baita Camplano

La prima parte è semplice, ma offre già scorci vertiginosi sulla parete nord. Appena la cresta si restringe, si incontra un primo salto di rocce, che io ho trovato ancora sgombro dalla neve: affrontato direttamente oppone passaggi di I grado, ma si può aggirare da sinistra. Forse è il passaggio più esposto della salita.

Primo tratto di roccette

La cresta diventa poi un largo e comodo costone sui 30°, che consente di guadagnare velocemente quota: io ho iniziato a trovare neve continua da qui in poi. Dopo un centinaio di metri la cresta si restringe di nuovo e un tratto un po' più ripido porta in vetta alla quota 2420. Finalmente compare la vetta dell'Arera, e inizia il tratto di cresta più spettacolare.


Cornici in cresta

Si scende seguendo il filo senza esporsi troppo sulle cornici, per poi risalire su pendenza via via maggiore (uscita sui 40°) fino all'antecima, caratterizzata da una brutta antenna. Un ultimo facile tratto accompagna alla croce di vetta, con vista grandiosa sui canali che sprofondano a nord e tutta la catena orobica... anche molto più lontano se siete fortunati e la giornata è tersa!

Vista della quota 2420 dall'anticima
 
Per scendere si segue la via normale, solitamente battuta, che all'inizio costeggia la cresta in direzione opposta, poi poco dopo scende decisamente a sinistra (30°), puntando a un canalino; una strozzatura ripida si supera con l'ausilio del cavo e qualche piolo di ferro. Poco dopo si risale dalla parte opposta (continuando a scendere si entrerebbe nel canalino sud, salita invernale, PD-) uscendo sul lungo, facile crestone sud-ovest, che con pendenza costante sotto i 30° scende dritto al rifugio Capanna 2000.

Il passaggio attrezzato della via normale alla fine del canalino sud
 
Consigliata la sosta al rifugio, piatti buoni e cameriera graziosa! Seguendo la strada sterrata oppure il sentiero che la taglia per i prati, in 30 minuti si torna al parcheggio. Gita tranquilla, in ambiente un po' antropizzato ma che diventa via via più severo salendo; adatta a inizio stagione e perfetta quando c'è neve soltanto dai 2000 metri in su. Si può tranquillamente affrontare in mezza giornata.


Rifugio Capanna 2000 e Monte Alben

giovedì 27 ottobre 2016

Canyoning nel fiume Magra: in doppia di fianco al Piscio di Pracchiola

Il Magra è il fiume della Lunigiana. Col suo corso divide l'Appennino ligure da quello tosco-emiliano, e allo stesso tempo unisce il nord col centro Italia. Da sempre via privilegiata di comunicazione, ha visto i pellegrini percorrere la via Francigena; le carrozze lungo la strada napoleonica della Cisa; i treni sfrecciare Pontremolese; le auto stracolme di emiliani diretti al mare la domenica lungo l'A15.


Veduta di Pracchiola
Ma tutto questo da Pontremoli in giù. La parte alta del fiume Magra, la selvaggia Valdantena, si sarebbe subito squassata di dosso tutte quelle infrastrutture! Sopporta a malapena la vertiginosa strada del Passo del Cirone, che la collega con l'alta val Parma. E' da qui, non dalla vicina e più famosa Cisa, che l'Appennino comincia a giocare i suoi pezzi da novanta.

Il primo è il monte Orsaro, 1832 metri sopra il vicino mar Ligure. Risalendo la Valdantena si raggiunge il suo ultimo paese, Pracchiola, da cui l'Orsaro appare davvero incombente: versanti boscosi ripidissimi precipitano per più di 1000 metri nell'ombrosa vallata, e la strada del Cirone li affronta con pazienti serpentine.

Gli albori del fiume Magra

Sul fondo scorre meno paziente il fiume Magra, ancora limitato come portata ma già in grado di piombare a valle con una potenza devastante: come accadde nella piena del 2011. La percorrenza di questo tratto di greto è riservata a persone disposte a bagnarsi un po', almeno fino alla pancia, e soprattutto in grado di calarsi in corda doppia.

Il primo salto d'acqua da superare in doppia
Non si tratta di un'esaltante esperienza di canyoning: essenzialmente è una ravanata, che però consente di immergersi in ambiente totalmente selvaggio. Le numerose cascate e cascatelle formate dal torrente, fra cui spicca il Piscio di Pracchiola (alto più di 20 metri), le polle di acqua limpidissima, le strane formazioni della roccia levigata, ricompensano della fatica e dei rischi di una simile discesa.

Ambiente
L'escursione, se così possiamo definirla, inizia Pracchiola, che merita una visita veloce: la fontana all'ingresso del borgo è particolarmente apprezzata per la bontà dell'acqua, quasi sempre si incontra qualcuno fermo a riempire le bottiglie. Non si tratta certo delle poche persone che vivono stabilmente qui, magari è gente arrivata apposta in auto da Pontremoli!


Appena dopo la chiesa si stacca in salita a destra un vicolo sotto un'arcata; presto si trasforma in sentiero e conduce fuori dal paese, su per ripidi boschi di castagno. Si segue intuitivamente la traccia più battuta, in ripida salita, fino a uscire in un campo. Lo si risale fino a raggiungere il guard-rail della provinciale presso una curva esposta sul paese di Pracchiola. Tutto questo permette di risparmiarsi una buona dose di tornanti e asfalto!

Si segue per un paio di km la strada, lasciandosi a destra un'abitazione isolata (l'ultima della valle). Poco dopo sulla sinistra scende una strada sterrata, a tratti invasa dalla vegetazione. La si percorre, e tenendo la sinistra a un bivio si raggiunge in ripida discesa il fiume Magra. Voltare dunque a sinistra lungo il greto, che in questa prima parte è abbastanza pianeggiante.

La seconda calata
Poco dopo una frana recente (attenzione a un cavo sospeso) si raggiunge il primo salto d'acqua, che ho superato sulla sinistra con una calata di 7-8 metri su pianta. Lanciando con attenzione la corda si riesce a non pocciarla nel fiume! Ora il torrente scende più ripido e presto presenta una nuova strettoia con cascata. Qui sono salito a sinistra su una placchetta raggiungendo un'altra pianta sul bordo del precipizio: altra calata di una decina di metri, dove lanciare la corda senza bagnarla è quasi impossibile... meglio tenerla avvolta ai lati dell'imbrago - se si è capaci e si ha un paio di cordini!

Il Piscio di Pracchiola
Un tratto abbastanza placido di torrente prelude al punto più caratteristico della discesa: il cosiddetto Piscio di Pracchiola, dove non è poi così raro incontrare persone che fanno il bagno (io le ho trovate, evidentemente spaventandole con la mia apparizione dall'alto!). Non lontano dal bordo della cascata, sempre sulla sinistra orografica, una vecchia corda unisce due alberi... segno che qualcuno in passato già pensò di attrezzare con una minima sicurezza questa discesa. Io mi sono calato sulla pianta più grande per circa 25 metri, atterrando sul bordo della pozza formata dalla cascata.

A questo punto ci si può levare l'imbrago e magari fare un bel bagno per ripulirsi dal terriccio... attenzione a non andare sotto la cascata, la forza dell'acqua può "schiacciare" nel fondone anche se la portata del getto sembra innocua! Si riprende a discendere il greto, con qualche ometto del sentiero che raggiunge la cascata da Pracchiola; questo a un certo punto sale a mezza costa nel bosco a sinistra, ma consiglio di seguire ancora il fiume, in questo tratto davvero affascinante.

Cascatelle

Una strettoia con un saltino può essere superata tuffandosi, oppure disarrampicando sempre sulla sinistra (forse II grado... ma l'umidità imbroglia!); occorre poi immergersi fino alla vita per passare sotto una grotta, con strane stratificazioni rocciose a mattoncini. Le successive cascatelle si superano facilmente camminando sulla roccia, stando attenti a non scivolare, dopodiché il greto si allarga decisamente, risucchiando buona parte dell'acqua.

Formazioni (arenaria o calcare?) nell'ultimo tratto di discesa

Facendo attenzione, quando il bosco sulla sinistra diventa pianeggiante, si scorge una traccia di sentiero. La si segue salendo nel bosco, raggiungendo in circa 20' Pracchiola, dove si chiude l'anello. In alternativa (non verificato!) si può proseguire la discesa nel fiume, che sicuramente presenterà almeno un nuovo tratto molto stretto, visibile sotto il ponte appena dopo Pracchiola. Qui non garantisco si riesca a passare senza dover nuotare! Comunque presso la confluenza con il torrente che scende dall'Orsaro sarà sicuramente possibile raggiungere dal basso Pracchiola e l'auto.

Data uscita: 15 Agosto 2016
Punto di partenza: Pracchiola (Pontremoli), 672 m
Tempo totale di percorrenza: 3 ore
Grado di difficoltà: Passaggi in disarrampicata fino al II grado, calate in corda doppia
Materiale necessario: Imbrago, corda mezza o singola da almeno 60 metri, discensore, sandali, eventualmente muta
Punti d'appoggio: Nessuno
Periodo consigliato: Piena estate quando il fiume ha scarsa portata 
Note segnaletica: Tracce non segnate
Accesso stradale: Uscire dall'A15 a Pontremoli e seguire le indicazioni per il Passo della Cisa; a un evidente bivio a ridosso di un tornante, tirare dritto verso il Parco dei Cento Laghi (cartelli Corniglio e Lago Santo) e raggiungere Pracchiola.

mercoledì 19 ottobre 2016

Marmolada, via normale. Un ghiacciaio nel cuore delle Dolomiti

 
La "Regina delle Dolomiti" è una meta attraente, quasi irrinunciabile, per ogni amante della montagna. A maggior ragione per chi, come il sottoscritto, ne ha calcate ancora poche di cime dei monti Pallidi. Dolomiti famose per la roccia e le ferrate, ma che racchiudono anche qualche brano di neve perenne: e quello che ricopre a nord la Marmolada è l'unico che può definirsi ghiacciaio - vedremo per quanto ancora!

Marmolada, vista verso il Sella


La salita alla Marmolada è breve ma a suo modo completa, ed è da considerare alpinistica. L'attraversamento del ghiacciaio va effettuato in conserva, per via dei crepacci che stagione dopo stagione si fanno sempre più insidiosi; è probabile inoltre trovare ghiaccio vivo nei primi pendii. Anche il fattore traffico va preso in considerazione: la ferrata della normale funge da perfetto tappo, siccome attacca subito dopo la terminale ed è percorsa in discesa anche da chi è salito per la cresta ovest (ferrata della Marmolada).

Salita su ghiacciaio


Se non si ama fare la fila o cimentarsi in sorpassi azzardati, meglio salire e scendere presto, prima che apra la cestovia del passo Fedaia... o meglio ancora, fuori stagione! Non è stato questo il caso nostro... partiti comodamente da Pozza di Fassa in un sabato mattina di inizio agosto, abbiamo preso la cabinovia per risparmiare tempo e fatica.

Coda all'inizio della neve

Da Pian dei Fiacconi abbiamo subito capito che saremmo saliti in nutrita compagnia. Del resto non c'è fretta: la giornata è stabile, una nevicatina fuori stagione in quota ha ammantato le vette più alte offrendoci uno spettacolo straordinario. E anche noi siamo lenti, almeno a prepararci! Per Fabio è la prima conserva, per Matteo la terza, per me la quinta o poco più.

Matteo e Fabio

Mentre risaliamo il ghiacciaio, arriva la nebbia a ingrigire un po' il paesaggio, rendendolo più suggestivo e severo. Si aprono sprazzi di sereno ogni tanto, e dopo la ferrata - con annessi intoppi con chi sta già scendendo - abbiamo il piacere di uscire dalle nuvole! Caffè e grappa costano uguali nel rifugio più alto del Trentino Alto Adige, la Capanna Punta Penia. E io naturalmente cedo al caffè!

Capanna Punta Penia

La discesa - stavolta a piedi fino al Passo Fedaia - è un po' guastata da un malore venuto a Matteo, che non ha bevuto nulla durante tutta la salita... recupererà la sera con gli interessi! Una bella giornata con una cordata po' improvvisata ma efficiente.

Crestone nord della via normale


 
Vetta!
Data uscita: 6 Agosto 2016
Punto di partenza: Pian dei Fiacconi (2633)
Punto più elevato: Marmolada, Punta Penia (3343)
Dislivello in salita: 610
Tempo totale di percorrenza: 4 ore
Grado di difficoltà: PD-
Punti d'appoggio: Rifugio Pian dei Fiacconi, Capanna Punta Penia
Periodo consigliato: Ufficialmente estate, per evitare il traffico meglio tarda primavera o autunno; valutare le condizioni del ghiacciaio
Note segnaletica: Ometti e traccia su ghiacciaio (ben battuta)
Accesso stradale: Il Passo Fedaia si raggiunge percorrendo tutta la val di Fassa salendo dal Trentino, oppure dalla valle Agordina se si viene dal Veneto.
Note: La cabinovia Fedaia - Pian dei Fiacconi è aperta solitamente da metà Giugno a metà Settembre. Gli orari sono 8.30 - 17, il prezzo di 6 euro sola salita, 10 andata e ritorno.
Vista verso il Lago Fedaia
Ghiacciaio in sofferenza...



L'inizio della ferrata con la terminale












domenica 9 ottobre 2016

Presanella, anello dal rifugio Segantini per nuova ferrata e Passo dei Quattro Cantoni

Lo scorso era stato l'anno del Brenta, questo è stato l'anno di Adamello e Presanella. Due montagne che tempo fa mi ero prefisso come obiettivi, ma che quest'estate si sono entrambe rivelate... ripieghi, seppur nobilissimi! Il primo per il meteo incerto, la seconda - che puntavamo a salire per la cresta nord-est - per le recenti nevicate.


Alba sul Brenta dall'alta val d'Amola

Al Rifugio Segantini ci presentiamo gasatissimi, con due piccozze, friends, nuts, mezza corda, viti... ma ci pensa il rifugista a svitare il tappo della bottiglia per farne uscire un po' di anidride granitica: la cresta non è più stata percorsa nelle ultime settimane, per le brutte condizioni dell'ultima parte sotto la vetta, su ghiaccio vivo; negli scorsi giorni oltre tutto ha nevicato in quota, lasciando probabilmente un po' sporche le placche.

Rifugio Segantini

Dopo un'abbondante cena e un'occhiata all'interessante biblioteca del rifugio, ci ficchiamo a letto ancora intenzionati a provare la cresta, che nel pomeriggio non siamo riusciti a vedere bene perché coperta dalle nuvole. Ora il cielo è limpido e stellato, promette una domenica dal meteo impeccabile, fuori non è così freddo... chissà, magari la neve sulle rocce si è sciolta!

Una perla

Le uniche piccozze nel rifugio... quattro per due persone. Troppe!

La mattina siamo i primi a lasciare il rifugio, con gli zaini carichi di tutto l'occorrente per la cresta. Ci portiamo velocemente sul filo della morena sotto ciò che resta della vedretta d'Amola: ora la cresta nord est si vede bene, ed è inequivocabilmente innevata. Non ci sentiamo di andare a tribolare su tiri di III grado in quelle condizioni, con l'incognita dell'uscita sulla pala ghiacciata... Né io né Alberto siamo mai stati sulla Presanella, e sarebbe un peccato rischiare non solo la pellaccia, ma anche il piacere della vetta in una giornata tanto limpida!

Primo bagliore

Così oltrepassiamo senza troppi patemi la traccia diretta alla Bocca d'Amola, dove comincia la cresta nord-est, e proseguiamo sulla ben segnata via normale. I primi raggi di sole lambiscono la Presanella e il possente Monte Nero; mentre alle nostre spalle si staglia in controluce il profilo seghettato delle Dolomiti di Brenta. Presto tutto il vallone pietroso si colora di rosso caldo.

Alba sul Monte Nero
Monte Nero e Presanella: a destra la cresta nord est

Un facile nevaio ci porta all'inizio della nuova via ferrata, che aggira il passaggio più pericoloso della vecchia via normale, cioè la bocchetta di monte Nero, nota per le numerose scariche di sassi. Con l'aiuto di staffe di ferro e pioli, si guadagna velocemente quota al centro di una parete compatta, raggiungendo l'esposto filo di cresta: da qui compare il Caré Alto, e ai nostri piedi si stende la sassosissima val Nardis.

Nuova ferrata della Presanella presso la Bocchetta di monte Nero
Ora la ferrata supera una ripida ma breve discesa, per poi costeggiare su sfasciumi medio-piccoli la cresta del monte Nero: una faticaccia! Nuovo tratto di roccette e guadagniamo finalmente il crestone est. La vetta è ormai vicina, ma fra noi e lei si frappone un breve tratto di cresta piuttosto affilato. Sul filo sono presenti fittoni nuovi, ma noi seguiamo la ferrata, che scende a sinistra proseguendo su una comoda cengia.
 
Il paretone est della Presanella

Una breve risalita ci conduce al Bivacco Orobica (3382), dove una famiglia con bambini ha pernottato ed è già di rientro dalla vetta. Qui ci raggiungono altre due coppie partite dal rifugio: ormai la Presanella è trafficata! Poche le piccozze sugli zaini, del resto servono davvero a poco con queste condizioni.

Il crestone est

Bivacco Orobica

Dopo il bivacco c'è un tratto di cresta sfasciumoso, con qualche elementare passo di arrampicata, poi un facile pendio nevoso che porta alla croce di vetta (3558). Ci godiamo con la dovuta calma il panorama grandioso, con gli scivoli innevati della parete nord, la cresta nord est innevata come ci aspettavamo, e tutto il grande campionario delle Alpi Retiche.

Parete N e cresta NE
Foto di vetta senza zaini!
 
Per la discesa convinco Alberto a cambiare percorso: dopo il bivacco non scenderemo con la nuova ferrata, bensì seguiremo pressappoco la classica - e pochissimo frequentata - via normale da sud, che ha come appoggio il Bivacco Roberti. Si tratterebbe della via di salita alla Presanella più facile e sicura; il suo unico problema è che brucia più di 2500 metri di dislivello, dalla Cascata di Nardis in val di Genova fino alla vedretta omonima!

Deboli tracce

Val Nardis

Dopo il bivacco Orobica e il saliscendi attrezzato sotto la cresta, abbandoniamo i bolli rossi seguiti all'andata e proseguiamo sul largo crestone che guarda a sud-ovest (qualche ometto). A un certo punto occorre spostarsi in un canalone detritico che scende a sinistra, dove i pochi ometti presto si vanno a confondere dentro un autentico oceano di pietra. Scoprirò soltanto dopo che questa non è la via normale sud, la quale si tiene più vicina alla Vedretta di Nardis e non passa dal Bivacco Orobica.


Granito e dolomia

Di fronte a noi l'immensa, brulla val Nardis, con l'Adamello sempre sullo sfondo. La nostra intenzione è raggiungere il passo dei Quattro Cantoni per tornare in val d'Amola, quindi non dobbiamo scendere troppo. Appena possiamo traversiamo a sinistra su grandi rocce montonate, superando un ruscelletto. Incontriamo anche alcuni ometti e qualche segno rosso che, sempre su terreno scomodo con grandi massi, ci porta a intercettare il sentiero SAT 219.

Passo dei Quattro Cantoni

Un ultimo strappo (breve tratto attrezzato) ci porta al bell'intaglio del Passo dei Quattro Cantoni (2781). Nuovo scorcio da brivido sul Brenta, con ai lati le pareti verticali che caratterizzano questo versante della val d'Amola. Costeggiamo la base della Torre dei Quattro Cantoni, o Campanile di san Giusto, su cui salgono interessanti vie di arrampicata, e dopo aver pestato ancora una buona dose di sassi, arriviamo affamati al rifugio Segantini, ancora in tempo per un piatto caldo.
                                                                                                              
Ai piedi della Torre dei Quattro Cantoni
                                 
Data uscita: 24-25 settembre 2016
Punto di partenza: Malga val d'Amola (2020)
Punto più elevato: Cima Presanella (3558)
Dislivello in salita: 6
Tempo totale di percorrenza: 4
Grado di difficoltà: EEA/F+. Alcune relazioni parlano di PD, ma probabilmente si riferiscono ancora alla vecchia via normale dal Segantini. La nuova ferrata - seppure esposta e affatto banale - non richiede un impegno propriamente alpinistico... ovviamente con percorso pulito e meteo sicuro.
Punti d'appoggio: Rifugio Segantini, Bivacco Orobica
Periodo consigliato: Estate/inizio autunno
Note segnaletica: Ottima SAT fino al Rifugio Segantini, abbondanti bolli rossi lungo la via normale, ometti molto radi nella discesa da noi scelta. Di nuovo SAT da sotto il Passo Quattro Cantoni al Segantini
Parcheggio sotto Malga d'Amola
Accesso stradale: Da Pinzolo proseguire verso Madonna di Campiglio; prima di Sant'Antonio di Mavigliola svoltare a sinistra (indicazioni Val Nambrone). Seguire la lunga stradina, stretta ma asfaltata, per una decina di km. Si raggiunge un bivio: a destra la strada prosegue verso il rifugio Laghi Cornisello, a sinistra - sterrata - verso il rifugio Segantini. Tratto di circa 2 km sconsigliato con macchine molto basse per via di qualche buca e pecca di troppo. Parcheggiare appena prima di un ponte, in vista di Malga d'Amola.
Note: Le condizioni della normale alla Presanella possono variare molto a seconda ci sia neve e ghiaccio o meno in quota... contattare preventivamente il rifugio, e considerare che una piccozza e un paio di ramponi - se non proprio la corda! - a 3500 metri non stanno mai male dentro lo zaino.