domenica 17 aprile 2016

Alpe di Vallestrina invernale, variante alla via Fornaciari

Data uscita: 26 marzo 2016

Punto di partenza: Rescadore di Febbio (1200)

Durata: 1 ora e mezzo di avvicinamento, 1h e mezzo la via (considerare almeno il doppio procedendo in cordata) 2 ore rientro

Dislivello in salita: 700

Grado di difficoltà: AD+

Chiodatura: Assente. Portare qualche chiodo e friend. Noi abbiamo piantato anche un cuneo di legno (recuperato)

Punti d'appoggio: Bivacco Zambonini (1585), con reti e tavola

Esposizione della via: Nord/Ovest

Periodo consigliato: Vista la posizione molto ombrosa e la quota elevata, la via parete del Vallestrina (specialmente la via Fornaciari che è la più incassata) sono potenzialmente in condizioni fino a primavera.

Foto con * di Mario Brunelli

Cornici e panorami scendendo dal Vallestrina *

Il Gigante reggiano ci dà il buongiorno tutto luccicante di neve, disteso ad abbronzarsi sotto il potente sole di fine marzo. Sono da poco passate le 7 del mattino, e c'è un solo fazzoletto verticale di Cusna ancora all'ombra: la parete nord ovest dell'Alpe di Vallestrina (1904). A Febbio suscitiamo scompiglio fra i parcheggiatori e la Polizia (hanno deciso di fare pagare la sosta agli sciatori...) per aver lasciato la Panda un po' nei piedi davanti al bar. Ma il caffettino ci vuole sempre, porta bene anche se sono già le 8.

Ricognizione pomeridiana sotto la via Fornaciari *

Proseguiamo comunque verso Pian Vallese finché la strada non è sbarrata dalla neve, e ci accodiamo alle auto degli scialpinisti già partiti o in fase di partenza. Somministriamo la solita dose di chilogrammi nei nostri zaini e ci incamminiamo sul sentiero 615, seguendo la traccia già battuta e su neve portante. Maciniamo metri e in meno di un'ora siamo alla fine dei faggi, nella grande conca sotto il Passone.

Verso l'Alpe di Vallestrina
 
L'Alpe di Vallestrina però è più lontana di quanto ricordassi dall'ultima volta, e dobbiamo traversare a sinistra nel bosco per ancora mezzoretta prima di trovarci nel maestoso vallone dominato dalla sua parete, ancora in ombra nonostante siano ormai le 10! Infiliamo imbrago e ramponi, stendiamo le mezze corde e saliamo con gli zaini alleggeriti il primo facile tratto di pendio, puntando al canale al centro della parete: la via Fornaciari.

"Conserva lunga" nel primo tratto facile

Troviamo un masso adatto a fare da sosta sulla destra del canale, tagliato da un bel fessurone. Propongo a Mario di provare il cuneo di rovere, che mi sembra della misura giusta... tre etti portati fino a qui per qualcosa! Il cuneo si conficca con poche martellate nella fessura, e dà ottime garanzie di tenuta. Per non sbagliare però ci infiliamo di fianco un friend...

Sosta con cuneo di rovere e friend

Testo io la prima sosta con cuneo di legno, e risalgo la prima parte di canale, ancora appoggiata su pendenze che non superano i 40 gradi. La neve è perfetta, dura al punto giusto perché si infilino le punte delle becche. Non mi rendo conto che sono a metà corda quando raggiungo un nuovo masso nel quale inserire una protezione; la linea principale proseguirebbe a sinistra, meno definita, impennandosi in prossimità di una fascia rocciosa; io punto invece a un canalino più ripido che sale a destra, affrontando lo sbarramento direttamente.

Inizio della via Fornaciari *

Presto mi rendo conto che la qualità del ghiaccio è inversamente proporzionale alla pendenza. In soldoni, sul ripido lo strato di neve si presenta scollato dal fondo e l'unico modo per salire in sicurezza è spiccozzare zolle d'erba ghiacciata, dopo un faticoso lavoro di pulizia per raggiungerle. Dando fiducia totale ai piedi, si salirebbe anche senza bisogno delle mani; ma avendo soltanto un friend ormai svariati metri sotto il culo preferisco usare quattro zampe.

Mario sale

Non trovo alcuna fessura o spuncione valido per proteggermi, dunque proseguo piano piano finché scopro da Mario che la corda sta finendo... una brutta notizia, siccome lo stesso non vale per le difficoltà! Non vedo posti validi per sostare attorno, se non un grande spuncione al quale mancano almeno 20 metri.

Esposizione sulla terza sosta
 
In questi casi bisogna decidere a mente fredda e velocemente... raggiunto un punto comodo, dico a Mario di disattrezzare la sosta, e partire salendo la parte iniziale facile del canale. Prima che raggiunga l'impennata, io sarò al masso. Ricevuto l'ok, partiamo in questa sorta di conserva lunga, decisamente pericolosa; appena posso pianto il fittone, dopodiché con un traverso su neve poco consistente raggiungo il masso tanto desiderato; basta una pulita alla cima ed ecco pronto lo spazio per la mia fettuccia di 4 metri.


Secondo tiro: la sosta vista dall'alto *

Ora Mario può salire in sicurezza, e lo fa molto in fretta: tutta questione di fiducia nei piedi! Aggira su mio consiglio il canale da sinistra, e superata una fascia di misto zolle recupera il fittone e mi raggiunge. Siamo in prossimità di un bivio: a sinistra il canale principale si allarga di nuovo per terminare sotto le grandi cornici sporgenti in cresta; a destra sale di nuovo un canalino più ripido.

Mario sul "secondo" tiro

Mario opta per la seconda soluzione, anche perché l'uscita in cresta sembra più agevole e ai lati del canale ci sono massi con qualche possibilità di protezione. Sale e pianta un chiodo prima di un passaggio ripido, dove intuisco stia litigando con qualche zolla erbosa. La parte più verticale è superata, nuovo chiodo sempre sulla destra e via di nuovo su per zolle e qualche masso a lato, con una colata d'acqua ghiacciata che è pura goduria. Sosta su un masso appena sotto la cresta e posso partire anche io, godendomi questo bel tiro sostenuto, probabilmente anche più ripido del canalino salito prima.

Io sul secondo tiro
 
L'uscita in cresta tocca a me; dall'ottima sosta attrezzata da Mario traverso brevemente a sinistra in massima esposizione, raggiungendo un macigno dove pianto un altro chiodo; il martello ce l'ha ancora Mario, quindi mi tocca battere i primi colpi con la mia quasi-nuova piccozza martello, che tutto sommato se la cava bene.

Ultimo traverso prima della cornice *

Testato il chiodo, smetto di traversare e affronto direttamente l'impennata finale sotto la cornice, su neve piuttosto inconsistente dove di fatto devo trazionare sulle piccozze piantate a mo' di fittoni. L'uscita sembra quella da un Boulder dove aneli di riappoggiare il sedere sullo spiano, che in questo caso è neve resa ormai marcia dal sole.

Uscita!

Pianto le due picche e un fittone alla meglio e a debita distanza dal bordo della cornice, e recupero Mario godendomi il sole e la bella vista sull'imponente gruppo Sassofratto-Prado-Cipolla, uno degli obiettivi mancati (per me) dell'inverno. Ma oggi se n'è centrato uno notevole! Raggiungiamo la cima su facile cresta, mangiamo qualcosa favoriti dal poco vento, dopodiché scendiamo aggirando la montagna da nord ovest.

La facile cresta ovest verso la vetta

Traversiamo sotto la base della parete, su neve ancora ottima, e recuperiamo un rinvio che mi era caduto dall'imbrago prendendo il fittone; anche una maglia rapida ha fatto la stessa fine, ma rinunciamo alla svelta a cercarla, senz'altro rimasta conficcata nella neve.

Traversando sotto la parete

Dopo qualche confronto fotografico con la bibliografia presente online, senz'altro più attendibile di quella cartacea (la guida Appennino di Neve e di Ghiaccio), scopriamo che la via da noi seguita non  era la Fornaciari, bensì una variante più verticale chiamata Dulcis in Fundo, salita nel 2010 da uno degli Alpinisti del Lambrusco in condizioni un po' più secche ma con neve forse migliore rispetto a quella trovata da noi... lui salì slegato, mentre io e Mario abbiamo preferito affrontare la via assicurati, piantando un paio di friend e 5 chiodi, tutti recuperati: speriamo che in tarda primavera, trovando una maglia rapida sotto la parete, qualcuno non pensi che su di qua ci siano spit!


Nessun commento:

Posta un commento