martedì 24 gennaio 2017

Vagando in autunno fra le cenge del Brenta: tentativo alla Via Kiene

...Continua da Tentativo alla Torre dei Quattro Cantoni

Alla fine scegliamo di visitare un posto nuovo (alla Corna Rossa avevamo scalato l'anno scorso la via Detassis) e optiamo per la Kiene. L'albergo dove siamo però non è un rifugio, e non riusciamo a contrattare la colazione prima delle 7... ma al netto del cambio dell'ora, quindi è come se fosse alle 8! Saliamo spediti verso Vallesinella, fermandoci un attimo in paese a Campiglio dove recupero le scarpette dalla casella della posta del rifugista del Segantini, che ce le ha gentilmente lasciate.

Panorama verso Adamello e Presanella dal rifugio Tuckett

Al parcheggio ci sono altri arrampicatori, e l'aria è fresca... il Castelletto inferiore si avvita in cielo  proprio di fronte a noi, incutendo un certo timore... la vetta è 1100 metri più su e sappiamo che oggi alle 17,30 farà buio. Ci incamminiamo veloci sulla comoda scalinata nel bosco di larici, ancora tutto in ombra: superiamo il rifugio Casinei, raggiungiamo il Tuckett con l'inconfondibile skyline di cime alle sue spalle, forse uno degli scorci più belli e famosi delle Dolomiti di Brenta.

Il rifugio Tuckett: a sinistra il Castelletto inferiore

La nostra parete è già al sole, contrapposta al severo e ben più grande versante nord di Cima Brenta, con la famosa cascata ghiacciata che interrompe a metà ciò che resta della vedretta alta. L'avvicinamento è comodissimo: risaliamo per tracce i ghiaioni a sinistra del rifugio, dunque costeggiamo la parete fino all'evidente camino del primo tiro (poco più avanti c'è una grande grotta con il tubo che porta l'acqua al rifugio).

All'attacco
Siamo all'attacco alle 10, e purtroppo il primo tiro è ancora tutto all'ombra. Si tratta anche del tiro più difficile, un camino di 40 metri abbastanza sostenuto sul V grado. Lo attacco io, forte di una lunga esperienza estiva su camini di ogni genere e roccia... dalla Maestri in Apuane alla Oppio a Bismantova, dal camino della Cotoletta al Catinaccio alla via di Paolo alla Rocca del Prete... quasi sempre rigorosamente con lo zaino! Ormai mi sento uno spazzacamino professionista.


La roccia è fredda ma per fortuna asciutta, i chiodi buoni e non troppo lontani, piano piano guadagno metri piazzando qualche protezione nei punti più delicati. Dove riesco procedo in spaccata, se vedo che fatico appoggio senza troppi patemi la schiena alla parete sinistra, ben sapendo che sicuramente anche i fratelli Kiene salirono così!

Sbuca il sole dietro la Cima Brenta
Il punto dove faccio più fatica è l'ultima strozzatura strapiombante... un passaggio un po' sbilanciante che supero appunto nello stile degli antenati: peccato che uno dei troppi elastici dello zainetto Dechatlon resti impigliato in una ruga proprio nel punto più delicato, costringendomi ad energiche bestemmie e sforzi per scastrarlo! Alla fine riesco a uscirne, gli ultimi metri sono più facili e arrivo in sosta felice di avere fatto tutto il tiro senza azzerare.


Primo tiro
Il sole come per magia illumina la roccia appena infilo il moschettone in sosta, poi si nasconde di nuovo dietro la una gobba di cima Brenta. Mario che si è caricato per bene di freddo farà un po' fatica, ma se la cava. Ci abbiamo messo almeno un'ora, ma il tiro duro è andato, ora è quasi tutta un'autostrada di III e IV fino in cima! Così almeno crediamo...

Il secondo tiro se ne va alla svelta: Mario aggira da destra un masso incastrato, poi riprende la linea del camino per uscire a destra sul comodo terrazzino con la sosta. Nemmeno un chiodo in tutto il tiro... La parete appare qui decisamente più abbattuta e discontinua. Vado con il terzo tiro, raggiungendo dopo 15 metri facili una grande cengia di ghiaia ed erba. Qui si trova una sosta intermedia, ma preferisco proseguire per guadagnare tempo. Salgo a destra della sosta su un vago diedro, fino a una nuova cengia più piccola (cordino in clessidra).

Mario sul secondo tiro
Il tiro dovrebbe proseguire a sinistra, ma ho già molto attrito, non vedo la sosta, così decido di recuperare Mario sulla clessidra e un mio friend. La relazione è piuttosto vaga, dice di salire a sinistra verso una placchetta grigia... ma l'intera parete è grigia, e tra noi e lei c'è tutta una serie di cenge sovrapposte dove non è intuitivo trovare la linea di salita giusta.

Arriva Mario, ma vado ancora io sperando di trovare in fretta la sosta per poi far salire a lui il tiro successivo. Percorro una, due cengie, ma di fittoni resinati neanche l'ombra... vedo soltanto un chiodo con cordino molto più in alto e a sinistra, su un diedro che potrebbe tranquillamente essere quello del quinto tiro. Così opto per puntare direttamente a lassù, sperando di intercettare nel frattempo la via!

Dopo le facili cenge la parete inizia ad opporre difficoltà: di chiodi neanche l'ombra, ma le possibilità di proteggersi non mancano. Procedo lentamente, puntando a un diedro molto evidente, sulla stessa linea di quello che ho battezzato come il quinto tiro. Spero di trovare chiodi, ma anche qui nulla. Solo qualche antica lattina arrugginita nelle crepe di un terrazzino.

Panorama sulla vedretta di Tuckett
Infilo un ottimo spuncione e affronto il diedro: sarà un IV+, la roccia per fortuna è buona, ma l'imbrago si sta alleggerendo troppo e ambisco di uscire sul terrazzino sovrastante per fare sosta... quasi alla fine del diedro, prima dell'uscita delicata sul terrazzino, vedo tre chiodi nuovi su una cengetta un poco più a sinistra... non ci penso due volte e faccio sosta lì!

Mario sale il tiro, si guarda un po' meglio attorno, e individua il diedro da cui saliva il quarto tiro... leggermente più a destra rispetto a dove sono salito io. Quando è ormai arrivato in fondo al diedro, lo invito a non uscire sulla mia sosta ma a controllare sul terrazzino poco più a destra, che avevo puntato all'inizio. L'uscita è in effetti delicata... Mario si affaccia, dubbioso, non vede nulla; lo invito a controllare bene, per me la via deve passare di lì!

- Se lì dietro c'è un resinato mi ci faccio una sega dentro! - La sentenza riassume bene la giornata. Mario si affaccia e per fortuna il resinato c'è! E' la quarta sosta, sotto il bel diedro grigio del quinto tiro, col chiodo e il cordino svolazzante che avevo visto da giù. Le seghe però ora sono soltanto mentali: ci tocca interrompere il giochino di non guardare l'orologio per indovinare che ora è alla fine della via. Lo guardiamo e sono le 14... non siamo neanche a metà, la discesa è lunga e complessa, non ci pensiamo due volte a calarci.

Ci si cala di nuovo!

Con una doppia da 60 metri raggiungiamo la grande cengia detritica del terzo tiro: calandoci scopriamo dov'era nascosto il tanto ambito fittone della terza sosta. Dalla terrazza attrezziamo la doppia sulla sosta intermedia (presente maglia rapida) e in neanche 15 metri siamo alla seconda sosta. Altra calata di 30 metri (incastro risolto sul masso sopra la sosta) e siamo sopra al camino.

Calata dal primo tiro della Kiene

Questa è la calata più delicata e a rischio incastro... arrivati giù non so perché la corda da tirare risulta quasi subito bloccata... temiamo di dover rifare il tiro, ma alla fine tiriamo l'altra corda con successo: il nodo era passato attraverso il fittone! Mangiamo qualcosa fuori dal rifugio Tuckett, godendoci l'ultimo sole, poi scendiamo a testa bassa a Vallesinella. Arriviamo all'auto col buio, con la magra consolazione che in questo momento avremmo potuto essere ancora essere lassù a cercare la via di discesa!


Ultime luci sul rifugio Tuckett

mercoledì 18 gennaio 2017

Tentativo alla Torre dei Quattro Cantoni: un bastone duro come il granito!

Investire troppe aspettative in un progetto, spesso è un buon metodo per farlo fallire. Avevo atteso tutta l'estate di andare in Brenta ad arrampicare... ma l'estate è corsa via alla svelta, e con lei buona parte dell'autunno; e alla fine l'occasione buona si presenta soltanto alle porte di novembre.


Cima Tosa Crozzon di Brenta e Cima d'Ambiez al tramonto, dalla val d'Amola


Mario ha il weekend a disposizione, il meteo è perfetto, con sole e temperature gradevoli in quota; in più io ho un'ulteriore motivazione per andare in val Rendena: le scarpette dimenticate al rifugio Segantini quando ero stato sulla Presanella, custodite dal rifugista a casa sua a Madonna di Campiglio! L'idea è arrampicare un giorno su granito, l'altro su dolomia, sempre over 2000!

Torre dei Quattro Cantoni e Brenta

Partiamo belli carichi sabato mattina verso le 6, e scegliamo di dedicare l'ultimo giorno di ora legale alla Seconda Torre dei Quattro Cantoni (2780), chiamata anche Campanile di San Giusto, in alta val d'Amola. Questa montagna, di cui online non si trova nulla, la avevamo scoperta insieme ad Alberto scendendo dalla Presanella: ci aveva meravigliati l'aspetto monolitico delle pareti, di granito chiaro inciso da lunghe fessure, simile a certe zone del Monte Bianco.

Torre dei Quattro Cantoni

Documentandomi poi alla biblioteca del CAI, trovai la relazione dello spigolo sud: circa 150 metri massimo IV grado, con entusiasmanti tiri in fessura... proprio quello che faceva per noi! Alle 10 ci incamminiamo dal parcheggio sotto Malga d'Amola, diretti al Rifugio Segantini. L'aria è ancora fresca, Presanella e Monte Nero coperti dalla neve, che comincia circa dai 2500 metri... quindi più in basso rispetto alla montagna verso cui siamo diretti, già ben riconoscibile per le forme squadratissime.


A sinistra la Torre

Di buon passo raggiungiamo il rifugio, e iniziamo a risalire il sentiero 219 puntando direttamente alla torre. Presto cominciamo a pestare neve, purtroppo non portante: la grande pietraia che si attraversa, rende la progressione particolarmente scomoda e faticosa.

Rifugio Segantini

Abbandoniamo il sentiero seguendo radi ometti che ci portano alla base dello spigolo est della torre. Con un delicato traverso arriviamo a imboccare un canaletto di roccia sfasciumosa che ci fa guadagnare il primo spalto alla base della parete sud.

Verso l'attacco dello Spigolo... che in realtà era lì a destra!

La via inizierebbe da queste parti, ma lo verremo a scoprire soltanto dopo... un insieme di circostanze ci spinge a proseguire sul traverso, puntando a quello che battezziamo come lo spigolo sud. Le pareti alla nostra destra poi sono ancora bagnate e soprattutto non sembrano permettere alcuna linea di salita facile!

Dubbi!


Eccoci dunque sul filo dello spigolo, ancora piuttosto abbattuto; alla nostra sinistra il canale che separa la seconda torre (su cui ci troviamo) dalla prima, di poco più alta. Risaliamo su terreno finalmente senza neve, superando roccette più o meno facili, fino a un nuovo spalto dove lo spigolo si impenna verso il cielo. A sinistra del filo uno spit nuovissimo luccica sotto una bellissima fessura.


Sotto la grande lama di granito

Tutto lascia credere che questo sia l'attacco. La relazione, molto vaga e soprattutto antica, non aiuta a orientarci: in verità siamo sul terrazzo ben oltre metà via, e sopra di noi c'è il blocco sommitale della torre, con il tratto più difficile. Non ci guardiamo troppo attorno: le altre linee di salita sembrano tutte ben più difficili rispetto alla fessura con lo spit alla base, quindi decidiamo di provare lei.

Primi passi un po' aleatori

Mario supera i primi metri, poi si rende conto che non è possibile proteggersi adeguatamente: la fessura è troppo larga, e i nostri due friend gialli ci ballano allegramente dentro... quindi sceglie di tornare giù. Allora provo io: in qualche maniera mi arrangio, salendo in duelfer e poi incastrandomi nella fessura fino a raggiungere il primo chiodo a circa 8 metri.

Sotto il passaggio chiave, rimasto chiuso!

Da qui in poi la fessura si impenna, offrendo qualche possibilità di protezione in più. Le difficoltà sono ora superiori al IV, e il sospetto di non essere sulla via giusta diventa sempre più una certezza... dopo circa 25 metri raggiungo un terrazzino con tre chiodi vicini, di cui uno ballerino: più che una sosta sembra il preambolo a un passo duro. Infatti sopra i chiodi la fessura diventa cieca, costringendo a spaccare in diedro senza appigli validi.

Veduta d'insieme del tiro

Assesto qualche colpo al chiodo e provo il passaggio, aiutandomi con il più in alto dei tre chiodi, ma le difficoltà continuano anche dopo e non mi sento di azzardare: l'unica protezione sulla quale mi fiderei di volare è lo spit a cui è legato Mario, 25 metri più giù! Il passaggio potrebbe essere di VI, anche di più senza azzerare... difficoltà sulle quali mi muovo più volentieri con gli spit non troppo sotto il sedere.

Lasciati un po' di rifiuti sotto il passo chiave!

Decido così di attrezzare una sosta fissa collegando i tre chiodi e lasciando una maglia rapida: mi faccio calare da Mario in moulinette, cercando di scaricare più peso possibile siccome la sosta non è a prova di bomba. Recupero l'abbondante materiale lasciato sul tiro e finalmente rimetto i piedi sull'erba. Ormai sono le 16, la Torre dei Quattro Cantoni ci ha bastonati a sufficienza, meglio andarcene!

Ci si cala!

Per scendere seguiamo la cengia a destra, raggiungendo lo strabiliante spigolo est... una lavagna patagonica di 100 metri piomba sul versante nord, mentre noi ci caliamo da quello sud, su un solido spit. Quasi 60 metri poco meno che verticali (possibile sosta intermedia - probabilmente quella dello spigolo sud!) e siamo sul traverso innevato percorso prima.

Lavagnone liscio a nord - est

Per scendere tagliamo su una pietraia lasciandoci a sinistra il Segantini, e intercettando il sentiero 211B. Da qui riusciamo a vedere nel suo insieme il versante sud della Torre, e capiamo grosso modo dove saliva la via: al centro della parete! Dove poi ci fosse del IV non saprei dirlo. L'ultima parte era una fessura a destra rispetto a quella da cui abbiamo provato a salire noi, più stretta e verticale... Misteri che spero torneremo a svelare con qualche friend grosso in più!

La fessura di IV grado (!?)

Scendiamo a Sant'Antonio di Mavigliola dove abbiamo prenotato un alberghetto comodo. Le alternative per domani sono la Detassis Vidi alla Corna Rossa e la Kiene al Castelletto Inferiore. La prima è un po' più difficile ma più breve e con discesa comoda e veloce... la seconda è globalmente più impegnativa, di fatto un'ascensione su una montagna tutt'altro che banale.


Tramonto sul Brenta con il Sacra d'Amola

Volete sapere quale sarà stata la scelta dei nostri eroi? Naturalmente quella sbagliata... Lo scoprirete nel prossimo episodio!


Alba sul Carè Alto dall'albergo Posta
  
Continua: Vagando in autunno fra le creste del Brenta: tentativo alla via Kiene